La Corte d'Appello di Milano ha chiuso il caso della "chiamata del Presente" alla commemorazione di Sergio Ramelli nel 2016 con la piena assoluzione deglli 8 imputati
La Corte d'Appello di Milano ha chiuso il caso del saluto romano al "Presente" durante la commemorazione di Sergio Ramelli nel 2016: tutti assolti gli imputati, in tutto otto, perché "il fatto non sussiste". A darne notizia sono le tre comunità militanti, CasaPound, Lealtà-Azione, Rete dei Patrioti, che sottolinea che "la Corte di Appello di Milano infatti, su sentenza di rinvio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per il saluto romano al Presente durante la commemorazione di Sergio Ramelli nel 2016, qualificato come possibile reato di ricostituzione ai sensi della legge Scelba e perciò prescritto, ritiene prevalente sulla prescrizione una pronuncia più favorevole nel merito e assolve tutti gli imputati perché il fatto non sussiste".
Ancora una volta, dicono, "le polemiche sul saluto romano e il rito del Presente si risolvono con un'assoluzione in tribunale per tutti gli imputati". I militanti, comunque, sottolineano che "non sarebbe stata certamente una sentenza sfavorevole a impedirci il ricordo e il rito del Presente". Ci auguriamo, concludono, "che l'ennesima assoluzione possa spegnere l'attenzione giudiziaria e le speculazioni politiche attorno a tutte quelle commemorazioni di giovani uccisi che, in molti casi, sono ancora senza giustizia e non vengono dimenticati grazie al contributo di chi, anno dopo anno, si prodiga per mantenerne vivo il ricordo".
Nella sentenza a sezioni unite, la Cassazione, disponendo il nuovo processo in Appello, stabilì che in questo caso andava contestato l'articolo 5 della Legge Scelba sull'apologia di fascismo. "La condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla 'chiamata del presente' e nel cosiddetto 'saluto romano' integra il delitto previsto dall'art. 5", scrivono i giudici, "ove, avuto riguardo alle circostanze del caso sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista".
Gli imputati sono stati assolti in primo grado nel 2020, per l'insussistenza dell'elemento soggettivo, e poi condannati nel 2022. Arrivati in Cassazione, i giudici della prima sezione penale hanno rinviato il tutto alle Sezioni Unite. Alla fine si è arrivati alla piena assoluzione perché "il fatto non sussiste".