Antonio Strangio scomparso, la pista delle ossa carbonizzate trovate nella sua auto abbandonata nella campagna di San Luca: sul posto i Ris

6 ore fa 9

Un'auto bruciata, carbonizzata e abbandonata nella campagna della Locride, a San Luca (Reggio Calabria). Dentro l'abitacolo sono stati ritrovati dei resti umani. Un mistero che in una terra divorata dalla 'ndrangheta non fa presagire bene. Il pensiero corre ad Antonio Strangio, un allevatore calabrese di San Luca di cui non si hanno notizie da molti giorni. D'altronde l'auto è la sua. È morto? Sono sue le tracce dentro quella macchina che è andata completamente a fuoco? 

Antonio Strangio scomparso, la pista delle ossa carbonizzate trovate nella sua auto abbandonata nella campagna di San Luca

All'inizio erano stati chiamati dei veterinari per ispezionare il mezzo: si pensava che i resti biologici fossero di origine animale. Si pensava che fossero pecore. E invece non è così. I Ris di Messina sono piombati a San Luca per repertare tutto quanto è ancora possibile analizzare nonostante l'incendio. L'auto è stata sequestrata. I resti bioligici seguiranno un iter dedicato: i carabinieri hanno in mano solo frammenti di ossa carbonizzate (riferibili al volto) che possono comunque "parlare". Gli specialisti, coordinati dalla procura di Locri, disporranno presto un'analisi del DNA per capire chi è morto dentro il mezzo. Una volta appurata l'identità si cercherà di capire perché è morto. 

L'auto, un fuoristrada, era stata ritrovata nei giorni scorsi dai carabinieri della Compagnia di Bianco in una zona di campagna, tra i confini territoriali dei comuni di Bovalino e San Luca, completamente distrutta da un incendio. Le fiamme sono state appiccate con l'intento di cancellare qualsiasi prova su un'eliminazione mafiosa? Al momento non si esclude alcuna pista. Anche, quindi, un omicidio, un'esecuzione comandata.

La vittima è Strangio? Gli investigatori cercheranno di rispondere a questa domanda, intanto. Di Strangio sappiamo che ha 42 anni, è di San Luca, è sposato e ha quattro figli che non lo vedono tornare a casa da cinque giorni. Nel pomeriggio di lunedì scorso, dopo l'allarme lanciato da alcuni familiari dell'allevatore sanluchese che non era rientrato a casa, né si era fatto vivo telefonicamente, i carabinieri, avevano trovato, il suo fuoristrada bruciato. I familiari e i parenti di Strangio hanno riferito di non saper dare una spiegazione all' improvvisa scomparsa.

Di Strangio sappiamo anche che è collegato alla famiglia calabrese sterminata nella strage ferragostana di Duisburg, Germania, nel 2007. Sei morti in tutto.  È infatti legato alla storica famiglia dei Mammoliti (detti Fischiante) protagonisti del cosiddetto triangolo dei sequestri: Natile, Platì e San Luca. Ma è soprattutto figlio di Giuseppe Strangio, nato a San Luca, classe 1954. Strangio senior nel 1989 venne ferito e arrestato dalle teste di cuoio dopo un conflitto a fuoco in Aspromonte nell'ambito del sequestro Cesare Casella. Il ragazzo pavese aveva 18 anni, era figlio di un concessionario di auto e fu rapito da 'ndranghetisti il 18 gennaio dell'88: fu tenuto segregato per due anni. Erano gli anni in cui la Lombardia fu presa letteralmente d'assalto dai banditi calabresi e sardi.

Il mistero è senza soluzione da giorni. E gli indizi, messi in fila, portano su strade sempre più oscure e terribili. In mezzo ci sono storie di ‘ndrangheta che riportano anche a Milano e alla Lombardia. Ai tempi dei sequestri di persona e del rapimento nel 1988 di Cesare Casella, rimasto nelle mani dei suoi sequestratori per più di due anni. Vicende che si intrecciano con quelle delle più importanti famiglie di ‘ndrangheta della Locride e del luogo simbolo della mafia calabrese, il paese di San Luca, sulle pendici d’Aspromonte, culla del «Crimine della ‘ndrangheta». Una storia dal finale non ancora scritto ma che somiglia sempre di più alla trama tetra di una serie tv. Per quello che è stato in passato, per quello che è oggi.

Tutto inizia una settimana fa. Quando a San Luca, in provincia di Reggio Calabria, si sparge la voce che un uomo di 42 anni, padre di quattro figli, non è tornato a casa. Non lo fa da giorni, in realtà. Ha dei precedenti e un cognome importante: si chiama Antonio Strangio, fa parte di una delle famiglie più note della ‘ndrangheta. La storia recente rimanda alla sanguinosa strage di Duisburg e ai sei morti in Germania la notte di Ferragosto del 2007. In realtà il suo ramo familiare non è legato direttamente ai Nirta-Strangio in guerra da anni con i Pelle-Vottari. Lui fa parte degli Strangio «Barbari», legati a doppio filo (per parte di madre) alla altrettanto storica famiglia dei Mammoliti (detti Fischiante) e alle vicende del triangolo dei sequestri: Natile, Platì e San Luca. Cognomi incisi in centinaia di sentenze dei tribunali di mezzo mondo dagli anni Settanta a oggi.

La trappola dei carabinieri nel 1989

L'anonima sequestri calabrese

Giuseppe Strangio era evaso dalla casa circondariale di Lecce dopo un permesso premio, dove stava già scontando 27 anni per il sequestro De Feo. Non faceva parte del gruppo degli organizzatori in Lombardia (legati ai Sergi-Barbaro) ma di coloro che «gestirono» il sequestro in Calabria. Per quel rapimento sarà poi condannato a 12 anni. Suo fratello Francesco, classe ’46, era invece stato condannato per un altro sequestro eccellente in Lombardia, quello del re delle pellicce Giuliano Ravizza, rapito sempre a Pavia nel 1981.

Il fuoristrada bruciato e la carcassa di pecora

Di Antonio Strangio invece si sa pochissimo. Ha precedenti per narcotraffico, ha scontato una conanna, è certamente inserito nell’organigramma della famiglia, ma con una posizione apparentemente defilata. Ma nella ‘ndrangheta l’apparenza è una lente sempre distorta. Sembra però che Strangio non si sia allontanato volontariamente da casa, né che fosse in odore di arresto. La sua quindi non sembra una latitanza preventiva ma una sparizione «non volontaria». Soprattutto perché lunedì i carabinieri del Gruppo di Locri e della compagnia di Bianco, coordinati dalla procura di Locri e dalla Dda di Reggio Calabria, hanno trovato il suo fuoristrada bruciato in un campo vicino alla fiumara Bonamico, il torrente che attraversa la valle su cui si affaccia San Luca e che scende fino allo Jonio. Dentro l’auto c’era quella che sembrava la carcassa di un animale, di una capra o forse di una pecora. Ma ora le prime analisi dei veterinari e dei Ris di Messina fanno pensare ad altro: frammenti di ossa umane distrutte dal fuoco. E sui resti verrà ora eseguito l'esame del Dna. 

Gli strani manifesti sgrammaticati

Strangio non si trova. E anzi, ai messaggi in codice se ne aggiunge un altro, altrettanto inquietante. Manifesti affissi in paese e a Bovalino (dove vivono ormai molti giovani di San Luca e Platì) dalla stessa famiglia Strangio, con gli stessi caratteri e il medesimo linguaggio, benché sgrammaticato, di quelli che annunciano un lutto: «Le famiglie Strangio e Scalia (quella della moglie di Antonio Strangio, ndr) ringraziano a tutta la popolazione ma dispensano dalle visite». Parole che per gli investigatori potrebbero anche essere lette controluce, ma dal significato ben chiaro. Antonio Strangio è morto? Per ora non ci sono certezze.

I collegamenti con la strage di Duisburg

Non può neppure escludersi, al momento, che possa trattasi di una sparizione simulata (magari per questioni ancora non note agli inquirenti) e che il piano sia sostenuto anche dai familiari. Nelle ultime ore però la preoccupazione degli investigatori e dei magistrati è cresciuta in modo esponenziale. E anche a San Luca - come raccontato dall'inviato del Corriere a Reggio Calabria, Carlo Macrì - la tensione è altissima, con le famiglie che ritirano i figli da scuola. Come nei giorni della Faida tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari. A San Luca si teme un delitto mafioso e l’omicidio di uno Strangio potrebbe riaprire vecchie pagine della storia. Nel febbraio 2008 la famiglia di Antonio Strangio è stata colpita da un sequestro di beni del Tribunale di Reggio Calabria insieme agli altri clan di San Luca coinvolti nella Faida che portò alla strage di Duisburg. Scrivevano i giudici nel motivare il provvedimento: «Proprio le notevoli acquisizioni patrimoniali effettuate dal nucleo familiare di Strangio Giuseppe, anche in tempi recentissimi, assolutamente non giustificate sulla base dei redditi dichiarati, testimonino una attuale pericolosità sociale e l’inserimento in pericolosi circuiti criminali, non potendo gli investimenti effettuati trovare origine se non in un’attività di carattere illecito in gran parte costituente frutto o reimpiego delle somme di denaro acquisite attraverso i gravissimi reati di sequestro di persona a scopo di estorsione già accertati con sentenza passata in giudicato». Rapimenti come quelli compiuti quarant’anni fa in Lombardia.

Il traffico di cocaina

Da allora però gli interessi delle cosche si sono concentrati su ben altro, in particolare sul traffico di cocaina. E gli Strangio, come le altre famiglie del «triangolo dei sequestri» hanno aperto rotte dirette con il Sud America e soprattutto il Nord Europa. Rotte che riportano a Milano e in Lombardia. La faida di San Luca, iniziata nel Carnevale del ’91 dal lancio di uova di alcuni ragazzini (ma in realtà fu solo il pretesto), è stata chiusa dopo Duisburg con un accordo tra i più importanti boss delle cosche allora in vita: i Pelle e i Barbaro. La famiglia più pesante di San Luca e i principi della ‘ndrangheta di Platì. Una pace necessaria per tornare ad allontanare forze dell’ordine, giornalisti e telecamere da San Luca. E la speranza di molti, dentro e fuori San Luca, è che presto il silenzio cali anche intorno alla sparizione di Strangio. Un silenzio che potrebbe custodire i segreti di un delitto. E magari di qualcosa di più.

Leggi tutto