La leader Pd è nipote di Agostino Viviani giurista e senatore Psi inviso all'Anm. Da membro del Csm tuonò contro le malefatte dei pm. Così le toghe rosse non lo fecero ricandidare
«Nonostante la forza notevolissima della corporazione dei magistrati, io credo che si arriverà alla separazione (delle carriere, ndr) perché gli abusi che stanno facendo alcuni pubblici ministeri che ormai si considerano intoccabili, sono tali, dunque, che non è possibile concepire che poi quel magistrato vada a fare il giudice». Sembra di ascoltare un pericoloso politico del centrodestra, invece a parlare al Consiglio superiore della magistratura è il nonno di Elly Schlein, Agostino Viviani. Partigiano, membro del Comitato di liberazione Nazionale a Siena nel Psi, senatore socialista dal 1972, presidente della commissione Giustizia, è uno dei padri del garantismo ed è stato autore di capisaldi della giurisprudenza come Ingiustizia e illegalità di Stato e La degenerazione del processo penale in cui raccoglie e commenta una serie di casi di «ordinaria ingiustizia», è sua la firma dietro leggi come la 194 che mise ordine nel caos dell'interruzione di gravidanza.
Quando nel 1989 cambiò il codice penale, Viviani era certo che quella riforma sarebbe rimasta monca senza la separazione delle carriere «per una ragione semplicissima: perché gli abusi che stanno facendo alcuni pubblici ministeri che ormai si considerano intoccabili, sono tali, dunque, che non è possibile concepire che poi quel magistrato vada a fare il giudice». Una previsione, la sua, che forse troverà compimento con il disegno di legge costituzionale che il centrodestra ha finalmente portato in Parlamento: «Nonostante la forza notevolissima della corporazione dei magistrati, io credo che si arriverà alla separazione - la sua profezia a fine anni Novanta - si arriverà magari attraverso un passaggio, separazione delle funzioni o più profonda ma tutti rimangono nell'Ordine giudiziario». «Ricordo che riusciva a tener testa ai magistrati, che lo rispettavano in silenzio - sottolinea l'avvocato Ivano Iai, ieri al Senato per una audizione sulla riforma del sistema accademico artistico e musicale nella sua veste di presidente della Conferenza nazionale dei presidenti dei Conservatori - Chi ha grande preparazione, onestà intellettuale e riconoscimento reciproco dei ruoli, nel modo in cui questi valori erano sentiti e interpretati da Viviani, riesce a farsi ascoltare e rispettare».
Ma la sua grande «colpa» fu quella di invocare la responsabilità civile dei magistrati. A fine anni Settanta l'Anm fece pressioni su Bettino Craxi per farlo fuori - uno degli errori del leader socialista, visto cosa successe... - i giudici mai potevano sopportare la legge che portava la sua firma e che prevedeva (già nel 1979) la responsabilità civile per le toghe che sbagliano: «Le garanzie processuali non valgono nulla se il magistrato non è responsabile, ne abbiamo avuto recentemente la quotidiana dolorosa prova - si sente dire in un audio degli anni Ottanta rintracciato su Radio radicale - In Parlamento mi sono battuto per queste garanzie processuali, prima con i compagni comunisti poi senza i compagni comunisti, contro i compagni comunisti». Un monito che suona tremendamente attuale ancora oggi, a riprova che a quarant'anni di distanza - facciamo pure sessanta, come gli anni di Magistratura democratica, corrente rossa delle toghe - esiste un rapporto privilegiato tra una parte della magistratura e gli eredi di Palmiro Togliatti, di cui oggi la nipote abiatica Elly (figlia della figlia di Agostino, la professoressa Maria Paola Viviani, ordinaria di Diritto pubblico comparato all'Università dell'Insubria) è la curatrice.
Sam Levenson diceva: «La ragione per cui nonni e nipoti vanno così d'accordo sta nel fatto che hanno un nemico comune». Forse la Schlein dovrebbe adottare il beneficio dell'inventario e scegliere quale eredità incassare: se quella del nonno o dei suoi nemici. Anche se (purtroppo) la risposta la sappiamo.