La strategia di Stellantis per evitare le multe sull’obiettivo intermedio fissato dall’Unione Europea sulle emissioni delle auto rischia di inguaiare ulteriormente le sue fabbriche italiane. Il disastro produttivo dei primi nove mesi del 2024 rischia di peggiorare già a partire dalle prossime settimane e una spia d’allarme è scattata con i 9 giorni di cassa integrazione a Pomigliano d’Arco nel mese di novembre, comunicati dall’azienda ai sindacati.
Ad allarmare sono le parole del neo Chief Operating Officer di Stellantis in Europa, Jean-Philippe Imparato, riportate da Automotive News: il direttore europeo nominato appena la scorsa settimana, ha spiegato che l’idea per centrare l’obiettivo dei 93,6 g/km di Co2 di emissioni medie per ogni brand che permetterebbe di evitare le maxi-multe (Stellantis parte malissimo, è a 113) è quella di tagliare la produzione di auto con motore endotermico, incentivando le vendite di auto elettriche. L’obiettivo è quello di raddoppiare la quota di elettriche vendute, raggiungendo il 24% durante il 2025.
Come spiega Automotive News, i tagli potrebbero partire già dai primi giorni di novembre, visto che la gestazione media di un’automobile di Stellantis è di 60 giorni. In questo modo, l’azienda conta di allineare la produzione fin dal primo trimestre del nuovo anno. “Se la strategia illustrata da Imparato dovesse essere confermata, l’Italia si ritroverebbe a essere uno dei Paesi più colpiti dal punto di vista dei volumi”, avvisa Samuele Lodi, componente della segreteria della Fiom-Cgil e responsabile del settore mobilità.
“Andremmo incontro al disastro, visto che si tratterebbe di un ulteriore riduzione rispetto al calo superiore al 30% dei veicoli prodotti nei primi tre trimestri del 2024 che hanno già portato a un aumento degli ammortizzatori sociali – sottolinea Lodi interpellato da Ilfattoquotidiano.it – Non so quali scenari si aprirebbero, ma di sicuro sarebbero devastanti”. In Italia viene infatti prodotto un solo modello elettrico di largo consumo, la 500 elettrica a Mirafiori, che in ogni caso finora il mercato non sembra aver particolarmente apprezzato tanto da spingere Stellantis a sospendere la produzione a ottobre.
Il grosso delle fabbriche produce invece autovetture con motorizzazione endotermica e ibridia, cioè quelle che Stellantis – stando allo scenario tratteggiato da Imparato – andrebbe a penalizzare. A Pomigliano d’Arco si assemblano la Panda endotermica e l’Alfa Romeo Tonale. Anche le due Alfa – Stelvio e Giulia – in uscita da Cassino hanno motorizzazione interna e lo stesso vale per la 500x assegnata a Melfi, la cui produzione è già sospesa dallo scorso luglio. Anche il palliativo per provare a sostenere il lavoro a Mirafiori – la produzione della 500 ibrida – finirebbe per essere penalizzato da un’eventuale modulazione dell’offerta per evitare del tutto le multe previste dall’Ue.
Verrebbe così al pettine uno dei nodi principali della presenza di Stellantis in Italia: la mancanza di modelli con motorizzazione elettrica assegnati agli stabilimenti. I primi, secondo le previsioni aziendali, dovrebbero partire nel 1° trimestre del 2025 a Melfi (una vettura DS) e a Cassino nella seconda metà del prossimo anno con un modello di Alfa da raddoppiare nel 2026 prima di aggiungerne un terzo nel 2027.
I costruttori, secondo la normativa europea, dovranno garantire un mix di vendite restando sotto i 93,6 grammi di Co2 al km di emissioni medie, altrimenti saranno costretti a pagare 95 euro per ogni grammo di sforamento per il numero totale delle vetture vendute durante l’anno. Gli analisti di Barclays hanno ipotizzato che i gruppi possano arrivare a pagare circa 10 miliardi di euro in multe nel 2025. Da qui la decisione di correre ai ripari, con l’Acea – la ‘confindustria’ europea dei produttori di auto – intenzionata a chiedere uno slittamento a Bruxelles e Stellantis che si è opposta.
Ora il gruppo franco-italiano ha illustrato quale potrebbe essere la sua strategia. Per l’Italia – ferma a 237.700 unità prodotte da gennaio a settembre (-40,1% sul 2023) – si tratterebbe di un’altra mazzata che spingerebbe a nuovi ammortizzatori sociali e a un terremoto nelle aziende della filiera, già strozzate dal calo delle commesse e dai margini sempre più ridotti. Mentre i sindacati attendono ancora un segnale dal governo Meloni dopo lo sciopero unitario di venerdì. Quello dell’azienda, nel frattempo, è arrivato. E tanto per cambiare non sposta il barometro verso il bel tempo.