Arrestate altre sette spie. "Erano al soldo dell'Iran". Obiettivi: politici e nucleare

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Dopo i 7 di lunedì ad Haifa, palestinesi fermati in un sobborgo di Gerusalemme

 politici e nucleare

Si estende il caso delle spie al servizio dell'Iran in Israele. Dopo che lunedì scorso i servizi di sicurezza dello Stato ebraico avevano scoperto e messo fuori uso, operando sette arresti, un gruppo spionistico che raccoglieva informazioni per l'intelligence di Teheran, ieri sono stati arrestati altri sette residenti di Gerusalemme palestinesi abitanti nel sobborgo a maggioranza araba di Beit Safafa - con accuse molto serie: secondo la polizia israeliana e il servizio segreto interno Shin Bet, intendevano assassinare figure di primo piano dello Stato e compiere attentati su incarico dell'Iran.

Fonti d'intelligence israeliana hanno precisato che fra i bersagli eccellenti nel mirino dei sette arrestati c'era il sindaco di una delle principali città del Paese (non specificata) e ancor più grave, considerato il tema caldissimo in questa fase delle ostilità tra Teheran e Gerusalemme uno degli scienziati di punta del programma atomico di Israele.

Tra le altre azioni destabilizzanti che il gruppo di palestinesi, in contatto con l'Iran tramite uno di loro, un giovane di 23 anni, si preparava a compiere c'erano un attentato con esplosivo a un'auto della polizia, il lancio di una granata in una casa e più in generale la raccolta di informazioni da passare a Teheran.

I sette arresti di lunedì scorso erano stati invece concentrati nella regione settentrionale di Israele, inclusa la città portuale di Haifa, terza più grande del Paese. Le spie avevano già raccolto informazioni su alcune basi militari israeliane, oltre che su infrastrutture energetiche e portuali: tutti obiettivi sensibili per i missili iraniani, che già due volte hanno preso di mira Israele negli ultimi mesi. Lo Shin Bet aveva ammesso che con la raccolta di dati sensibili già effettuata prima degli arresti, un danno importante era stato inferto alla sicurezza dello Stato ebraico. In questo caso, gli arrestati non erano palestinesi, ma israeliani che avevano agito «per avidità di denaro»: secondo gli investigatori, avrebbero ricevuto dall'Iran centinaia di migliaia di dollari, parte dei quali in criptovalute.

Già in settembre, i servizi di sicurezza israeliani avevano arrestato un connazionale sotto la grave accusa di esser parte di un complotto iraniano per assassinare il premier Benjamin Netanyahu e altre figure di primo piano. Un drone è stato poi effettivamente lanciato pochi giorni fa contro una residenza di Netanyahu a Cesarea, e Hezbollah ha rivendicato ieri questo attacco come vendetta per l'assassinio del suo capo Hassan Nasrallah a Beirut lo scorso 27 settembre.

L'Iran, anche attraverso le organizzazioni da esso armate e finanziate in Medioriente, sta cercando di reagire a una serie di colpi durissimi che Israele gli ha inflitto grazie all'efficienza dei propri servizi d'intelligence: il più umiliante è stato la clamorosa eliminazione nel cuore di Teheran del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, lo scorso 31 luglio. Episodi come questo, ma anche la decapitazione completa dei vertici di Hezbollah in Libano anche grazie all'operazione dei «cerca persone esplovivi, hanno confermato la capillarità della presenza di agenti israeliani in Iran.

Il recente tentativo di assassinare Netanyahu su

verosimile ordine iraniano sta facendo crescere i timori sulla natura «definitiva» che potrebbe avere l'annunciata risposta israeliana, e nonostante le pressioni americane gli obiettivi nucleari in Iran non possono essere esclusi.

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