Assenteismo, le aziende assumono investigatori privati per scovare i ?furbetti? in palestra o in vacanza

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Per scovare i “furbetti” del certificato medico o della 104, le aziende sono ormai costrette ad assoldare detective privati pronti a pedinare i lavoratori che fanno assenze reiterate, a “macchia di leopardo” o a cavallo di festivi e weekend. Il controllo della vita privata di un dipendente da parte del suo datore di lavoro è legittimo, perché si tratta di verificare un eventuale illecito di fronte a un caso di assenteismo sospetto. Le prove raccolte, come ad esempio foto e video di chi va in montagna o in palestra mentre è in malattia o in permesso da 104, possono essere utilizzate in giudizio dall’azienda, per dimostrare il recesso del contratto per giusta causa, nel caso in cui il lavoratore dovesse impugnare il licenziamento. «C’è stato un picco di richieste per verificare i permessi concessi dalla legge 104, ma - spiega Francesco Mimmo titolare della Vox Investigazioni - le aziende e le agenzie di detective privati si sono accorte che è molto difficile dimostrare un utilizzo scorretto. Questo perché, avendo a disposizione un permesso giornaliero, o il lavoratore fa delle cose eclatanti come andare al mare quando deve assistere un familiare residente a Torino, oppure è complicato contestare che le attività che fa non sono consone».

Per questioni di privacy non si può più sapere i motivi per cui il dipendente è in malattia, per cui - come precisa Mimmo della Vox Investigazioni - è diventato più complesso indirizzare le indagini: «Se il lavoratore, chiamato a giustificarsi dall’azienda per un’assenza sospetta, presenta un certificato per ansia depressiva, per noi nove volte su dieci è tempo perso, perché gli sono consentite quasi tutte le attività. A meno che non lo trovi a lavorare “in nero” da qualche altra parte. Molto spesso sono i colleghi che danno le dritte. In quel caso ha senso attivare un’indagine e documentarla». Ma cosa deve fare un detective privato per cogliere in fallo il “furbetto” di turno? «Quella che bisogna dimostrare innanzitutto è una continuità nello svolgere un’attività extra lavorativa durante la malattia: per più giorni, magari anche non consecutivi. Si fanno pedinamenti e appostamenti - conclude Mimmo - concordati negli orari con i nostri clienti. Si possono fare foto e video con delle limitazioni, per esempio non possiamo riprendere cosa succede dentro un’abitazione o un luogo privato. Sono prove che hanno valore in corso di causa, se svolte con regolare mandato del cliente e da un’agenzia investigativa autorizzata dalla Prefettura competente». 

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