Anche l'amministratore di condominio ebbe delle responsabilità nel crollo della palazzina di Rampa Nunziante che costò la vita ad 8 persone, tra cui 2 bambini: in secondo grado arriva la condanna per l'avvocato Roberto Cuomo, che era stato assolto in primo grado, mentre sono state confermate le pene per tutti gli altri imputati. Si è chiuso ieri, dinnanzi ai giudici della seconda sezione della Corte d'Appello di Napoli, il processo per la tragedia che sconvolse Torre Annunziata all'alba del 7 luglio 2017. Quella mattina persero la vita Giacomo Cuccurullo, la moglie Edy Laiola e il figlio Marco, i coniugi Pasquale Guida e Anna Duraccio con i figli Francesca (14 anni) e Salvatore (8 anni), e la sarta Pina Aprea.
A sette anni e mezzo dai fatti, si chiude con un nuovo colpo di scena il secondo atto processuale della tragedia di Rampa Nunziante. I giudici, infatti, hanno confermato l'impianto accusatorio ed accolto il ricorso presentato dalla Procura di Torre Annunziata, oggi guidata dal procuratore Nunzio Fragliasso, con le indagini coordinate fin dai primi istanti dal sostituto Andreana Ambrosino. Come richiesto dalla pg Dina Cassaniello, per i reati di crollo colposo e omicidio colposo plurimo è arrivata la condanna a 8 anni di reclusione per Cuomo (9 anni totali con il reato di falso), amministratore di condominio del palazzo crollato a causa dei lavori in corso al secondo piano dell'edificio. Confermate le pene per tutti gli altri imputati, che hanno ottenuto piccoli sconti perché si sono prescritti i reati edilizi.
Condannati a 12 anni Gerardo Velotto, proprietario dell'appartamento in cui erano in corso i lavori, a 11 anni Massimiliano Bonzani, a 10 anni Aniello Manzo, i due architetti che avrebbero curato la realizzazione di quegli interventi, a 9 anni il capo operaio Pasquale Cosenza. Pene inferiori all'anno di reclusione per falso per gli altri imputati Rosanna Vitiello, Ilaria Bonifacio e l'altro avvocato ed ex assessore provinciale Massimiliano Lafranco, assolto anche in Appello per il crollo.
Confermato, dunque, l'impianto accusatorio, frutto anche di una perizia firmata dal professor Nicola Augenti, che individuò nella rimozione di alcuni tramezzi nell'appartamento al secondo piano la causa dell'indebolimento della struttura, che collassò all'alba di quel maledetto venerdì, nonostante gli allarmi lanciati da alcuni residenti nei giorni che avevano preceduto la tragedia, anche durante una riunione di condominio. Il tutto avvenne in un edificio praticamente abusivo, che da progetto iniziale del 1957 doveva essere una semplice villetta su due livelli, poi trasformato in un palazzo a cinque piani con vista mare e mai regolarizzato. In aula, ad assistere alla lettura della sentenza, erano presenti alcuni imputati e soprattutto tanti familiari delle vittime, che indossavano magliette con le foto dei propri cari morti in quella tragedia. «Abbiamo sempre avuto fiducia nella giustizia – hanno detto dopo l'udienza – anche se sappiamo che loro non torneranno più. Ma portiamo avanti il loro ricordo lottando e continueremo a lottare».