Approvato l’emendamento leghista al ddl Concorrenza per consentire un maggior risparmio alle fasce più deboli. Ora la palla passa alle utility. Salvi i buoni pasto, soddisfatti gli esercenti
Nella tarda serata di ieri è stato approvato l’emendamento al ddl Concorrenza del presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli, che consentirà fino al 30 giugno 2025 l'accesso al Servizio a Tutele Graduali (Stg) anche ai clienti vulnerabili. Il servizio, spiega il testo, “è fornito dall'operatore selezionato per l'area territoriale in cui si trova il punto di consegna interessato”. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Arera (l’Authority per l’energia e le reti) dovrà stabilire le modalità di attuazione della previsione, incluse quelle per l'attestazione circa la sussistenza dei requisiti di vulnerabilità.
I “vulnerabili”, occorre ricordarlo, sono gli anziani over 75, i disabili cui si applica la legge 104, le persone in difficoltà economica (che accedono al bonus elettrico con l’Isee), le persone gravemente malate che necessitano di apparecchiature alimentate elettricamente per la sopravvivenza, coloro che vivono in abitazioni di fortuna a causa di eventi calamitosi. Nello scorso settembre hanno ricevuto un’amara sorpresa: le tariffe per i vulnerabili sono, infatti, meno convenienti di quelle applicate per l’Stg. Si stima che l’aggravio si aggiri attorno ai 120 euro annui con punte di 170 euro. L’emendamento Gusmeroli consentirebbe loro di beneficiare di tariffe più basse, con un risparmio stimato di circa 113 euro all'anno a famiglia e un risparmio complessivo nazionale di oltre 1,3 miliardi di euro.
Le società elettriche sono preoccupate. Si tratta di un aggravio che potrebbe avvicinarsi ai 2 miliardi di euro in tre anni. Non si tratta, infatti, di computare nel calcolo i circa 3,7 milioni di attuali clienti vulnerabili ma di estendere la portata del beneficio a circa 5 milioni di utenze considerati sia il trend demografico che la possibilità per i clienti del mercato libero di tornare sui propri passi. In pratica, ogni aggiudicatario potrebbe veder raddoppiare la propria clientela. A questo tipo di valutazione sistemica se ne deve aggiungere un’altra di natura “statistica”. Un cliente vulnerabile per sua natura è maggiormente “rischioso” in quanto la probabilità di insoluto è più elevata e il servizio non si può interrompere proprio per la sua funzione di utilità sociale. La controproposta delle utility si chiama aumento del PCV (Prezzo Commercializzazione Vendita. Si tratta di un importo fissato dall’Arera e fatturato in bolletta per chi è in regime di tutela a copertura dei costi fissi sostenuti dal fornitore. Non è detto, perciò, che si consegua un risparmio pari a quello stimato.
Buoni pasto salvi
Un emendamento di Forza Italia al ddl Concorrenza, presentato dai deputati Squeri e Casasco e riformulato dal governo, consente di utilizzare alle medesime condizioni i ticket già in circolazione fino al 31 agosto 2025. Dal primo gennaio (e dal primo settembre per lo stock circolante dal 2024) per i nuovi buoni pasto sarà fissato un tetto massimo del 5% alle commissioni applicati dalle società di emissione. Si tratta di una soluzione che consente di salvaguardare il pilastro del welfare aziendale, utilizzato da circa 300mila aziende. Attualmente, con questi tagliandi (o con le card dedicate) si può pagare il conto al bar, al ristorante o al supermercato per un importo pari al valore nominale. I gruppi che gestiscono questo format, tuttavia, non restituiscono agli esercizi il 100% di quanto ricevuto, ma trattengono per loro una commissione che talvolta può superare il 10 percento. Considerato che l’utilizzo maggiore è nella grande distribuzione, le catene hanno fatto presente la questione. Con l’escamotage trovato ieri ci sarà più tempo per adeguarsi al nuovo regime da entrambe le parti. «Un grande traguardo che consente di garantire l'efficacia e i benefici del buono pasto come strumento indispensabile per i lavoratori, senza danneggiare gli esercenti, che oggi pagano fino al 20% di commissioni. Una soluzione che premia il buon senso perché riduce sensibilmente i costi per le migliaia di piccole imprese che accettano i buoni pasto, senza penalizzare i lavoratori per i quali il valore del buono resta immutato», ha commentato Fipe-Confcommercio.
L’etichetta contro la shrinkflation
Un’altra novità del ddl è l’introduzione di un’etichetta ad hoc per la shrinkflation. Dal primo aprile sarà obbligatorio informare i consumatori di un prodotto della riduzione della sua quantità (a cui consegue un aumento del prezzo) nonostante sia rimasta invariata la confezione. È quanto prevedono alcuni emendamenti presentati da Azione, Iv, Avs e M5s approvati in commissione Attività produttive alla Camera con alcune riformulazioni arrivate dal governo. Per i produttori, sarà obbligatorio informare il consumatore «dell’avvenuta riduzione della quantità tramite l’apposizione nel campo visivo principale della confezione di vendita o tramite un’etichetta adesiva riportante la seguente dicitura: “Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità”». L’obbligo di informazione si applicherà per un periodo di sei mesi «a decorrere dalla data di immissione in commercio».
Start-up più facili
Tra le principali novità anche la facilitazione per l’avvio di una start-up. L’emendamento firmato da Casasco e Squeri è stato sostanzialmente approvato, ma si è raggiunto un accordo per riproporlo direttamente in Aula. L’obiettivo è «superare» la soglia del capitale sociale che le start-up devono avere (entro due anni dall’iscrizione nel registro) per essere definite «innovative» e che attualmente il testo fissa a 20mila euro.
Per rappresentare meglio le caratteristiche di innovatività delle neonate aziende, spiega la relazione tecnica, si propone di ridurre a 10mila euro il limite e di introdurre, alternativamente, un limite di 20mila euro della riserva sovrapprezzo azioni, dopo due anni dall’iscrizione al registro delle startup innovative.