Scienza
Presto si aggiungerà una nuova arma alla lotta al cancro. Un gruppo di ricercatori della Columbia University ha progettato batteri probiotici in grado di istruire il sistema immunitario a distruggere le cellule tumorali, aprendo la porta a una nuova classe di vaccini contro il cancro che sfruttano le proprietà naturali dei batteri per colpire i tumori. Questi vaccini anti-cancro microbici possono essere personalizzati per attaccare il tumore primario e le metastasi di ogni paziente e possono persino prevenire future recidive.
Negli studi condotti sui topi con tumore del colon-retto avanzato e melanoma, il vaccino batterico sviluppato è stato in grado di potenziare il sistema immunitario per sopprimere la crescita, o addirittura anche eliminare, i tumori primari e metastatici senza intaccare i tessuti sani. I risultati del lavoro, pubblicato sulla rivista Nature, dimostrano che il vaccino batterico è più efficace di quelli terapeutici a base di peptidi, utilizzati in numerosi precedenti studi clinici sul cancro. “L’importante vantaggio del nostro sistema è la sua capacità unica di attivare in modo coordinato tutti i rami del sistema immunitario per indurre una risposta immunitaria antitumorale produttiva”, spiega Andrew Redenti, ricercatore della Columbia University e tra gli autori dello studio.
“I batteri sono stati utilizzati nel trattamento del cancro già dalla fine del XIX secolo, quando alcuni studi hanno osservato casi di regressione tumorale in alcuni pazienti con tumori inoperabili”, spiega Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, che sta portando avanti la prima sperimentazione italiana di un vaccino anti-cancro a base di mRNA. “Ancora oggi i batteri vengono utilizzati come terapia nei pazienti con cancro alla vescica in fase iniziale. Il nuovo studio – continua – mostra che alcuni batteri possono migrare naturalmente e colonizzare i tumori, prosperando in ambienti spesso privi di ossigeno e provocando in questo modo una risposta immunitaria. Con il nuovo sistema, ancora sperimentale, i ricercatori sono riusciti a guidare questi batteri verso i bersagli indirizzati, attivando una forte risposta immunitaria”.
Il vaccino batterico viene personalizzato per ogni tumore. “Ogni cancro è unico: le cellule tumorali ospitano mutazioni genetiche che le distinguono dalle normali cellule sane”, spiega Nicholas Arpaia, professore associato di Microbiologia e immunologia presso il Vagelos College of Physicians and Surgeons della Columbia University, che ha diretto la ricerca. “Programmando i batteri che indirizzano il sistema immunitario a colpire queste mutazioni specifiche del cancro, possiamo progettare terapie più efficaci che stimolano il sistema immunitario del paziente a rilevare e uccidere le sue cellule tumorali. Mentre continuiamo a integrare ulteriori ottimizzazioni della sicurezza – continua – attraverso un’ulteriore programmazione genetica, ci stiamo avvicinando al punto di testare questa terapia sui pazienti”.
Il nuovo sistema si basa su un ceppo probiotico di batteri E. coli a cui i ricercatori apportano molteplici modifiche genetiche per controllare con precisione il modo in cui i batteri interagiscono con il sistema immunitario e lo istruiscono a indurre l’uccisione del tumore. I batteri ingegnerizzati codificano bersagli proteici, chiamati neoantigeni, che sono specifici del cancro che si vuole curare. Questi neoantigeni forniti dai batteri addestrano il sistema immunitario a colpire e attaccare le cellule tumorali che esprimono le stesse proteine. I neoantigeni vengono utilizzati come bersagli tumorali in modo che le cellule normali, prive di queste proteine che marcano il cancro, vengono lasciate in pace. Grazie alla natura del sistema batterico e alle ulteriori modifiche genetiche effettuate dagli scienziati, queste terapie batteriche contro il cancro superano simultaneamente anche i meccanismi immunosoppressivi che i tumori utilizzano per bloccare il sistema immunitario.
Queste modifiche genetiche sono anche progettate per bloccare la capacità innata dei batteri di eludere gli attacchi immunitari contro sé stessi. Si tratta di una misura di sicurezza: significa che i batteri ingegnerizzati possono essere facilmente riconosciuti ed eliminati dal sistema immunitario e vengono rapidamente eliminati dal corpo se non trovano il tumore.
“Nei test sui topi, i ricercatori hanno scoperto che questi vaccini batterici – spiega Ascierto – reclutano un’ampia gamma di cellule immunitarie che attaccano le cellule tumorali, impedendo nel contempo le risposte che normalmente sopprimerebbero gli attacchi immunitari diretti al tumore. Il vaccino batterico ha inoltre ridotto la crescita del cancro prima che sviluppassero tumori e ha impedito la ricrescita degli stessi tumori nei topi che erano stati curati, il che suggerisce che il vaccino potrebbe avere la capacità di impedire la recidiva del cancro nei pazienti in remissione” .
Per passare agli essere umani, il primo passo per creare questi vaccini microbici prevede il sequenziamento del cancro di un paziente e l’identificazione dei suoi neoantigeni unici grazie alla bioinformatica. Poi, i batteri verrebbero ingegnerizzati per produrre grandi quantità dei neoantigeni identificati, così come altri fattori immunomodulatori. Quando infusi nel paziente i cui tumori devono essere curati, i batteri si dovrebbero dirigere verso i tumori, dove sostanzialmente si sentirebbero a casa e produrrebbero e consegnerebbero costantemente il loro carico di “medicinali” ingegnerizzati. Una volta attivato dal vaccino batterico, il sistema immunitario sarebbe spinto ad eliminare le cellule tumorali diffuse in tutto il corpo e a prevenire ulteriori sviluppi metastatici. Poiché ogni tumore ha il suo set di neoantigeni, l’immunoterapia deve essere dunque personalizzata per ogni paziente. “Le tempistiche del trattamento dipenderanno innanzitutto da quanto tempo ci vorrà per sequenziare il tumore”, afferma Tal Danino, professore associato di ingegneria biomedica presso la School of Engineering della Columbia, che ha co-diretto lo studio. “Poi dovremo solo creare i ceppi batterici, il che può essere piuttosto rapido. I batteri possono essere più semplici da produrre rispetto ad altre piattaforme di vaccini”, concludono.
Valentina Arcovio
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