I dati di uno studio condotto negli Stati Uniti e in Australia rivelano la stretta relazione tra le fluttuazioni naturali del livello di colesterolo e lo sviluppo di forme di demenza
Livelli instabili di colesterolo nel sangue, con ampie fluttuazioni naturali non derivanti dall'assunzione di farmaci, possono favorire l'insorgere di forme di demenza e di decadimento cognitivo: questo in sostanza il risultato principale di uno studio condotto in collaborazione tra Stati Uniti e Australia.
"Gli anziani con livelli di colesterolo fluttuanti non correlati all'assunzione di farmaci ipolipemizzanti, in particolar modo quelli che sperimentano variazioni ancora più significative di anno in anno, potrebbero richiedere un monitoraggio più attento e interventi preventivi proattivi", ha spiegato l'autore principale della ricerca Zhen Zhou, ricercatore post-dottorato presso la School of Public Health and Preventive Medicine della Monash University di Melbourne, in Australia.
La ricerca si è basata sui dati in-trial e post-trial dei volontari arruolati per condurre lo studio clinico ribattezzato "Aspree", da "ASPirin in Reducing Events in the Elderly", a seguito del quale si è compreso che l'aspirina a basso dosaggio non sia in grado di ridurre il rischio di malattie cardiache negli anziani australiani e americani. Solo un terzo circa dei 10mila partecipanti, tutti in buona salute e senza problemi di decadimento cognitivo, già assumeva farmaci per ridurre i livelli di colesterolo, ma nessuno di essi ha comunque mai variato, iniziato o interrotto le cure farmacologiche durante i sei anni di follow up: dopo il periodo di studio, 509 volontari hanno sviluppato demenza e altri 1.760 sono stati colpiti da un declino cognitivo senza demenza.
I dati raccolti hanno mostrato che
- le fluttuazioni ampie del colesterolo totale (oltre il 25%) sono state associate a un aumento del 60% di possibilità di sviluppare demenza e del 23% di rimanere vittima di decadimento cognitivo;
- le fluttuazioni di colesterolo LDL (quello "cattivo") e totale accelerano i procedimenti di declino, colpendo in particolar modo memoria e velocità di reazione;
- le fluttuazioni elevate di colesterolo HDL (quello "buono") e dei trigliceridi non sono mai state associate a questo processo di decadimento.
"Abbiamo bisogno di studi futuri che ci aiutino a comprendere che tipo di relazione intercorre tra variabilità del colesterolo e rischio di demenza", ha affermato Zhou. "Una possibile spiegazione è che fluttuazioni significative nei livelli di colesterolo totale e LDL possono destabilizzare le placche aterosclerotiche, che per l'appunto sono per lo più composte da colesterolo LDL", precisa l'esperto. "Questa destabilizzazione può aumentare il rischio di crescita della placca e la conseguente ostruzione del flusso sanguigno verso il cervello, cosa che può quindi avere un impatto sulle funzioni cognitive".
"Questo studio aggiunge un pezzo importante al puzzle della preservazione della salute del cervello fornendo prove che l'aumento della variabilità nei livelli di colesterolo è associato al declino cognitivo", commenta il docente di neurologia e riabilitazione presso l'Università dell'Illinois Chicago Fernando D.Testai. "Lo studio non ha incluso persone che hanno iniziato o interrotto l'assunzione di farmaci ipolipemizzanti durante il periodo di studio", prosegue, "quindi, i risultati non possono essere spiegati dall'effetto delle statine".
Il miglior consiglio per evitare situazioni del genere, ma anche per la salute generale dell'individuo, è quello di seguire strategie in grado di migliorare il profilo lipidico, come mangiare in modo sano e praticare attività fisica: così facendo si limiterebbe fortemente l'impatto dei lipidi dannosi sul nostro cervello.