Lasciato il centro abitato, il segnale sul cellulare e poi sul GPS sparisce dopo meno di un quarto d’ora. Serve un fuoristrada attrezzato per arrampicarsi nel saliscendi del terreno accidentato che è la Ruby Road. Chiamano strada “panoramica” questo angolo a sud dell’Arizona, che confina con il Messico. Le guide ai turisti promettono la vista di formazioni rocciose particolari, di canyon tipici di questo stato, di laghi in lontananza. Per i migranti che invece cercano di attraversarla a piedi per entrare illegalmente negli Stati Uniti molto spesso significa morte. Sono oltre quattromila i corpi ritrovati soltanto in questa area negli ultimi trent’anni. «La disidratazione è la prima causa. Non c’è riparo dal sole. Tanti ci arrivano impreparati, già stremati», spiega Timothy Doherty, parte dei Tucson Samaritans, un’associazione che dal 2002 offre assistenza umanitaria ai migranti.
LA FRONTIERA
Le strade sono dissestate e ripide, il paesaggio montano intorno è deserto, la vegetazione ovviamente arida, le temperature altissime. Il rischio di perdersi esiste, non c’è nessun cartello, nessuna connessione Internet o satellitare. Ci vogliono circa novanta minuti dalla strada statale per arrivare al muro, un tratto che a chi attraversa il confine a piedi richiede giorni. «Qui i nostri volontari lasciano taniche di acqua, medicine, cibo vicino alle pietre o agli arbusti», racconta Tim. «Sappiamo dove passano le persone. Noi offriamo a tutti il nostro aiuto, convinti che ognuno di noi sia prima di tutto un essere umano, al di là del colore del suo passaporto».
Il loro lavoro è aumentato esponenzialmente negli anni: all’inizio di questo 2024 la regione a sud dell’Arizona è stata la più attraversata. Soltanto nei primi quattro mesi si sono registrati circa duecentomila fermi, mandando in tilt gli uffici della contea addetti all’assistenza dei migranti. Dall’estate sono diminuiti, in seguito a un ordine esecutivo voluto dall’amministrazione Biden, che bloccava la richiesta di asilo appena la soglia di illegali avesse superato i 2500 al giorno.
A una settimana dal voto per decidere chi sarà il prossimo o la prossima presidente degli Stati Uniti, il tema dell’immigrazione rimane fondamentale non solo in questo stato di confine, ma in tutto il Paese.
Durante l’amministrazione Biden hanno attraversato il confine 6, 5 milioni di persone, il 2023 è stato un anno da record. Proprio in Arizona, alle urne, oltre al presidente, gli elettori dovranno scegliere se approvare o no la “Proposition 314”, combattuta dagli attivisti, che renderebbe un crimine statale la permanenza nello stato per chiunque non abbia i documenti.
Se in passato l’immigrazione era una questione che spesso veniva affrontata a livello bipartisan, negli ultimi dieci anni è considerata una minaccia all’esistenza stessa degli Stati Uniti. Un po’ per il cambio in sé del tipo di arrivi (non più i messicani in cerca di lavoro, ma famiglie intere dal Centro America in cerca di asilo) e soprattutto per l’ascesa di Donald Trump in politica, la retorica è strettamente collegata alla sicurezza nazionale.
L’ex presidente repubblicano fin dall’inizio del primo mandato aveva puntato su un approccio estremamente punitivo, ora se verrà rieletto promette di alzare il tiro. In ogni comizio quest’anno ha attaccato la politica fallimentare dell’amministrazione Biden e quindi anche di Harris, a cui era stato affidato proprio il dossier immigrazione. Ha accusato i democratici, senza curarsi di offrire dati e prove, di aver permesso “l’invasione di criminali”, come chiama appunto i migranti, colpevoli – dice – di portare delinquenza e droga, soprattutto fentanyl, che ogni giorno uccide migliaia di persone. Per questo il suo piano – difficilmente attuabile – prevede la più «grande deportazione di massa della storia», più muri e più finanziamenti alla polizia di frontiera. Posizioni fortissime che nel tempo sono riuscite a permeare l’approccio degli Usa a questo tema. Anche la vicepresidente Kamala Harris durante la campagna elettorale ha dovuto inasprire le sue posizioni sulla sicurezza al confine, per cercare di lasciarsi alle spalle la crisi migratoria registrata dalla sua amministrazione. Il suo rimane però un approccio più umanitario, a sostegno di una riforma che allarghi le vie dell’immigrazione legale, necessaria al benessere e all’economia degli Stati Uniti. Al di là di quello che afferma Trump, accusato anzi di pensare solo al suo tornaconto, quando, per far rimanere la situazione nel caos, ha fatto cadere una proposta di legge al Congresso appoggiata da entrambi i partiti.
LE VOCI
«Siamo state già espulse una volta, ora speriamo che vada meglio», racconta Jasmine, una ragazza di circa 20 anni, sorridente, nonostante i giorni di camminata alle spalle per arrivare al confine. «Io e mia mamma siamo messicane, non possiamo ritornare indietro, non abbiamo niente, io ho avuto problemi anche con i miei capi di lavoro perché ho reagito alle loro molestie». Jasmine la incontriamo in una tenda, a pochi passi dal tratto in cui il muro termina. Come altri, aspetta che arrivi l’immigrazione e che i funzionari si prendano carico della sua richiesta di asilo. «Se rifiutano, ci riproverò ancora, vivere in America è la nostra unica speranza».