Le forze dell’ordine italiane soffrono della presenza incombente di una serie di «pratiche di profilazione razziale». Lo sostiene l’ultimo rapporto dell’istituto della Commissione Europea contro il Razzismo e l’Inclusione (ECRI), finito rapidamente in mezzo al polverone della politica. «Le nostre Forze dell’Ordine sono composte da uomini e donne che, ogni giorno, lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni. Meritano rispetto, non simili ingiurie», ha dichiarato senza mezzi termini Giorgia Meloni, sostenuta dagli alleati governativi Antonio Tajani e Matteo Salvini. Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è detto stupito, «ribadendo stima e vicinanza alle forze di Polizia». Ironicamente, questo sollevamento da parte della politica sembrerebbe confermare le preoccupazioni dell’ECRI: tra dichiarazioni e discorsi d’odio, infatti, gli abusi, i controlli ingiustificati, e i fermi della polizia sembrerebbero fomentati, e a tratti giustificati, dalla stessa politica, che, malgrado i passi avanti, sembra non essere ancora dotata dei dovuti anticorpi per risolvere un problema che assume una valenza strutturale.
Il rapporto ECRI sul razzismo e l’intolleranza in Italia è uscito ieri, martedì 22 ottobre. Esso rientra nel sesto ciclo di monitoraggio dell’istituto, iniziato nel 2018. In generale, il documento rileva i positivi passi avanti fatti dall’Italia in materia di razzismo e inclusione, plaudendo agli sforzi del Paese nel dotarsi di meccanismi e istituti atti a contrastare le forme di discriminazione. Nonostante ciò, i problemi della Penisola sembrerebbero ancora molti, primo fra tutti proprio quello delle forze dell’ordine, che ha tanto fatto discutere la politica italiana. In uno degli ultimi paragrafi del rapporto, l’ECRI scrive di essere «venuta a conoscenza di molte testimonianze sulla profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine, in particolare verso la comunità Rom e le persone di origine africana». Si parla di «frequenti fermi e controlli basati sull’origine etnica», spesso «confermati anche dai rapporti delle organizzazioni della società civile». Questi episodi sembrano non essere considerati dalle autorità, elemento che rischia di tradurre «la profilazione razziale come una forma di potenziale razzismo istituzionale».
A rendere ancora più probabile questa forma di istituzionalizzazione del razzismo sono le dichiarazioni e gli episodi di discorso d’odio della politica. «Ad esempio», scrive il rapporto, «nel 2018 l’allora Ministro dell’Interno, nel dichiarare la volontà di procedere ad un’espulsione di massa dei Rom irregolari, ha fatto riferimento anche ai Rom in possesso della cittadinanza italiana e ha affermato: “ma i Rom italiani purtroppo dobbiamo tenerceli a casa”». Secondo l’ECRI, insomma, i vari episodi di razzismo che investono le forze dell’ordine sarebbero fomentati dalla politica, primo fra tutti da Matteo Salvini. Nella sua aperta difesa delle forze dell’ordine dall’ultimo rapporto ECRI, il Ministro delle Infrastrutture ha dichiarato: «Se a questi signori piacciono tanto rom e clandestini se li portino tutti a casa loro a Strasburgo», ripetendo, insomma, quelle stesse «parole d’odio» di cui viene accusato dall’Istituto.
Eppure, da quanto emerge dal rapporto, il problema del razzismo in Italia sembra non limitarsi alle forze dell’ordine e alla politica: analoghi episodi di discriminazione sembrano verificarsi in maniera sistematica anche nelle scuole, sui social, e in generale in vari spazi della vita quotidiana, colpendo specialmente le comunità africane e rom. Malgrado ciò, il rapporto evidenzia i grossi passi avanti fatti dal Paese nell’ultimo ciclo di sei anni. Questi, però, non sembrerebbero essere abbastanza, perché carenti di tutti quegli organismi di monitoraggio e tutela che permettono a un Paese di avere gli anticorpi per contrastare il razzismo. Una delle carenze più paradigmatiche si registra in seno allo stesso esecutivo: il governo italiano si serve infatti dell’UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) per controllare e gestire le proprie politiche contro il razzismo. Eppure, esso rimane «un’entità all’interno del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri» e, insomma, manca di indipendenza. In tal senso, l’ECRI consiglia all’Italia di dotarsi di maggiori organismi di controllo e gestione realmente autonomi, e di potenziare quelli già esistenti, andando ad ampliare la loro sfera di azione.
Il fatto che l’Italia sia un Paese con un problema sistematico di razzismo non appare certamente come una novità. L’ECRI si era infatti già espresso a tal proposito e, assieme a esso, avevano fatto lo stesso anche altri organismi internazionali. Ad aprile, Amnesty aveva osservato come in Italia si stessero verificando, ad ampio raggio, significative retromarce sul fronte del rispetto dei diritti umani. Nel rapporto, l’ONG osservava i problemi delle operazioni effettuate dalle autorità italiane nella cornice della tragedia di Cutro, così come la regolamentazione degli arrivi attuata dal decreto Piantedosi. Anche Human Rights Watch, ha osservato più di una volta come in Italia certe politiche sembrerebbero intrise di razzismo, prima fra tutte proprio quella migratoria. In generale, in tanti osservano come in Italia, malgrado i passi avanti, manchino le strutture per combattere il razzismo alla radice, non solo contrastando gli episodi di discriminazione, ma proprio evitando che essi si verifichino. La questione, insomma, sembrerebbe inserirsi in una cornice generale, e assumere, come sottolineato dall’ECRI, le sfaccettature di un problema strutturale.
[di Dario Lucisano]