Non solo la mail del procuratore Patarnello contro la Meloni: nei suoi sessant'anni di vita, tante sono state le polemiche che hanno investito la corrente delle toghe sinistra
Il contenuto di una mailing list scritta dal sostituto procuratore della Cassazione, Marco Patarnello, esponente di rilievo della corrente dem di Magistratura democratica, ha fatto riesplodere nelle ultime ore ulteriori polemiche nella lunga storica "guerra" tra un settore rilevante delle toghe ed esponenti politici soprattutto di centrodestra, quando quest'ultima coalizione si ritrova alla guida governo nazionale del nostro Paese. Dopo i decenni di battaglie con Silvio Berlusconi, ecco finire nel mirino dei magistrati orientati a sinistra anche l'attuale premier: dal suo punto di vista, Patarnello definisce infatti testualmente Giorgia Meloni "molto più pericolosa" del Cavaliere per quanto riguarda il piano complessivo di riforme che il suo esecutivo sta mettendo a punto sulla giustizia. Un episodio che è solo l'ultimo di una lunga serie che ha visto coinvolti i magistrati di Md dal 1994 a oggi.
I primi anni di Magistratura democratica
Magistratura democratica è una corrente dell'Anm che nasce esattamente sessant'anni fa. Era infatti il 4 luglio 1964 quando a Bologna viene fondata Md, la quale vede crescere progressivamente il proprio peso all'interno dell'Associazione nazionale magistrati soprattutto per l'orientamento politico progressista e di sinistra. Quello è un anno indubbiamente di grandi speranze, perché il contesto è quello dei primi governi di centrosinistra: in sostanza l'alleanza tra democristiani e socialisti. Nel '69 avviene però già una scissione interna che la porta a dimezzare i risultati alle successive elezioni dell'Anm: il magistrato, giornalista e giurista Adolfo Beria di Argentine - soprannominato "il giudice solitario" per via del suo carattere schivo e riservato - ritiene che questa corrente sia troppo legata alla sinistra e ai movimenti sociali e decide quindi di abbandonarla per confluire nel movimento più moderato di "Impegno costituzionale".
Md nasce per interpretare le leggi a favore dei lavoratori e per superare la figura del giudice come mero tecnico che vive in una sorte di torre d’avorio: si schiera quindi per il cosiddetto "intervento esterno", ovvero il privilegiare il rapporto e la collaborazione con le forze politiche e sociali che sono a favore del cambiamento. Tuttavia la corrente viene costretta fin da subito a fare seriamente i conti problemi posti dalla giurisdizione dell'epoca: prima la strategia della tensione poi il terrorismo. In Magistratura democratica, nell'analisi della lotta armata c'erano tre anime: una completamente legata al Partito Comunista - e quindi quella della fermezza e delle leggi speciali anche "forzando" la Costituzione, un'altra che stava in mezzo per cercare di effettuare una mediazione e un'altra ancora, molto garantista, nel sostenere la causa della "democrazia che si difende con la democrazia".
Ma gli anni di piombo non furono per nulla semplici specialmente per quest'ultima componente. Succede infatti che una pattuglia piccola, ma molto determinata, di magistrati distribuita tra Roma e Milano viene ben presto emarginata e accusata addirittura di "fiancheggiamento". La vicenda forse entrata di diritto nell'immaginario collettivo è quella di due magistrati milanesi, Romano Canosa e Amedeo Santosuosso, sottoposti a procedimento disciplinare a causa delle loro posizioni garantiste sulle inchieste sul terrorismo. L'allora procuratore generale della Cassazione arriva infatti a dichiarare addirittura che i due magistrati fossero "più pericolosi delle Brigate Rosse perché almeno le Br ti sparano e stanno davanti a te". A Padova un giudice del caso Sette aprile, che non era neanche di sinistra, viene poi ricusato perché ha osato dire: "Stanno facendo un processo per quattro giornaletti".
Le attività negli anni del berlusconismo
Improntata ideologicamente alla difesa dell'autonomia ed indipendenza del potere giudiziario rispetto agli altri poteri dello Stato, negli anni di Mani pulite in poi Magistratura Democratica diventa la punta di diamante della categoria togata soprattutto nell'infinita polemica con Berlusconi e la Fininvest. La corrente agisce sempre in modo compatto, anche se c'è un episodio che funge da eccezione a questa unità: quello relativo al procedimento disciplinare nei confronti del pubblico ministero Ilda Boccassini che, utilizzando gli appunti di un poliziotto, aveva fatto apparire come funzionante una microspia inceppata messa dalla procura di Milano in un bar romano dove si riunivano per il caffè di metà mattina un po' di giudici sospettati di prendere tangenti. Boccassini viene prosciolta, ma un componente del Csm (anche lui targato Md) spiegherebbe il tutto così, stando alle cronache di allora: "La collega è stata assolta, ma un magistrato certe cose non solo non le deve fare ma neanche pensare". Quasi come se la Boccassini fosse una "ribelle" insomma.
Il 4 luglio del 1964 tra i punti fondativi della corrente c'era l'obiettivo di avere uffici inquirenti caratterizzati dall'orizzontalità delle decisioni. Sessant'anni fa, nella neonata Md c'era anche Edmondo Bruti Liberati che nella sua carriera ha fatto soprattutto il massimo dirigente dell'Anm prima di diventare capo della procura di Milano. E, in questa funziona, sfila le inchieste su Expo al suo aggiunto Alfredo Robledo supportato fino in fondo dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che interviene per affermare che con la riforma dei poteri dei capi degli uffici giudiziari il problema della guerra interna era risolto alla fonte. Del resto sarebbe stato lo stesso Bruti ad ammettere di avere detto a Robledo: "Se nella seduta in cui ti nominarono aggiunto io avessi invitato uno della mia corrente ad andare a fare la pipì al momento del voto, tu non saresti stato nominato a vantaggio della tua collega che poi avremo sbattuto alle esecuzioni".
Attualmente la corrente è rappresentata dal segretario generale Mariaroraria Guglielmi, strenua oppositrice di della legge sulla legittima difesa, ed è stata presieduta da Riccardo De Vito, che sulla questione della chiusura dei porti diede quasi dell'"eversivo" a Matteo Salvini nell'agosto 2018, aggiungendo che l'intervento del vicepresidente del Consiglio in merito all'iniziativa giudiziaria della procura di Agrigento "costituisce certamente un’interferenza forte".
Quest'ultimo, allora ministro dell'Interno nel governo Conte 1, era reduce dalle polemiche riguardanti la nave Diciotti e dichiarò: "Magistratura democratica sposa la campagna pro-immigrazione insieme, tra gli altri, a: Potere al Popolo, ONG, Cgil, Arci, Rifondazione Comunista e coop varie (compresa la Baobab Experience dove si erano rifugiati gli sbarcati della Diciotti). Poi quello accusato di ledere l'autonomia dei magistrati sono io...".