HomeSport Fatto Football Club
Si può rischiare di colpire un innocente per punire i colpevoli, pescare a strascico nel mare dell’illegalità anche a costo che ogni tanto nella rete rimanga impigliato qualcuno che non c’entra nulla? In questa domanda – la cui risposta negativa dovrebbe essere scontata in uno Stato di diritto – è riassunto il caso della settimana. Nella quotidiana lotta senza quartiere alla pirateria che si consuma ogni weekend, lo scudo anti-pezzotto della Serie A ha affondato niente di meno che Google Drive.
Piracy Shield è la piattaforma messa a punto dalla Lega Calcio e introdotta dal legislatore per bloccare gli streaming abusivi di eventi sportivi live. Per farla breve, funziona che i soggetti interessati (Dazn, Sky, la stessa Serie A) scandagliano il web alla ricerca di siti illegali e li inseriscono in una black-list aggiornata in tempo reale per gli operatori, che a quel punto sono obbligati per legge a oscurarli entro 30 minuti. Senza ulteriori verifiche o approfondimenti: il blocco è automatico. Qualche errore era già capitato negli scorsi mesi ma stavolta l’abnormità dello svarione ha fatto sì che diventasse un caso nazionale, perché il disservizio ha impattato la vita quotidiana di migliaia di utenti per ore (per fortuna solo di sabato sera) e toccato gli interessi di un colosso. Su come un dominio Google sia finito nella black-list al momento ci sono solo ipotesi. È possibile, ad esempio, che qualche pirata abbia utilizzato in qualche modo Drive per diffondere indirizzi illegali, ma anche se così fosse ovviamente non giustificherebbe il blocco, perché vuol dire confondere la causa con l’effetto, il mezzo con la colpa. Ma comunque non è questo il punto.
L’episodio specifico è come un’epifania, perché ha illuminato in un sol colpo tutte le contraddizioni del Piracy Shield, che in verità gli esperti denunciavano da tempo. Innanzitutto, l’opacità con cui è stata concepita la piattaforma, su cui qualche sospetto bisognava averlo già da chi e come l’ha portata avanti (tanto per fare un esempio: la norma attuativa fu infilata dal senatore-patron Lotito nel Decreto Caivano). Non c’è alcun tipo di trasparenza, non si sa chi ha fatto la segnalazione, non esiste nemmeno una procedura di reclamo e sblocco in tempo reale, tanto che il ticket incriminato nel caso di Google a posteriori è stato semplicemente cancellato, come non fosse mai esistito. Quindi, l’incredibile superficialità con cui viene adoperato uno strumento sensibile: a chi mai poteva venire in mente di segnalare un dominio di Google Drive. Ma c’erano dubbi, essendoci di mezzo il pallone italiano? Infine e soprattutto, qual è il vero peccato originale del Piracy Shield.
Il Piracy Shield formalmente fa capo all’Agcom, l’Autorità garante per le Comunicazioni, ma in realtà quest’ultima non ha alcun ruolo pratico nella gestione. Non si può delegare al denunciante la sanzione del colpevole. Non possono essere Dazn, Sky e la Serie A a decidere quali sono i siti da oscurare, semplicemente perché loro sono giocatori e non arbitri di questa partita. Il calcio è disperato per la crisi dei diritti tv e si è convinto che l’unico modo per risolverla è debellare la piaga della pirateria, così da frenare l’emorragia di spettatori e di milioni. Che il piano funzioni è tutto da vedere, ci si può provare per carità. La disperazione però può fare brutti scherzi e trasformare una campagna per la legalità in un’inquisizione senza contraddittorio o garanzie. Ma d’altra parte, non è ciò che sta a cuore alla Serie A, che pensa solo ai propri interessi, a recuperare qualche abbonato, e pazienza per i danni collaterali.
Questo – la tutela del diritto – dovrebbe essere la preoccupazione del governo, che però si è levato le mani di una battaglia che non poteva o non voleva combattere, perché terribilmente faticosa, lasciando carta a bianca al calcio di inseguire i suoi fantasmi con i mezzi che voleva. Ma così di fatto siamo alla giustizia privata, seppur digitale. Soltanto un’autorità statale può avere questo tipo di responsabilità, e infatti dovrebbe riprendersela al più presto. Anche perché altrimenti l’autogol è dietro l’angolo. Così la ragione (la lotta al pezzotto) passa immediatamente dalla parte del torto, il Piracy Shield da soluzione diventa il problema e finisce per danneggiare la causa. La lotta alla pirateria è una cosa seria. Perciò va tolta a quei cialtroni del pallone.