Richiamo del presidente al culmine del braccio di ferro fra le istituzioni: "No alle contrapposizioni"
E a un certo punto del discorso, dopo aver parlato di Regioni, clima e intelligenza artificiale, ecco che Sergio Mattarella pronuncia il suo basta. «Le istituzioni non si limitino a visioni di parte», dice, dovete cominciare a collaborare in nome del bene del Paese. Troppe risse, troppe «contrapposizioni», dai migranti all'autonomia, fino all'impossibilità, a quanto pare, che dopo diversi flop i partiti si mettano d'accordo sul completamento dei ranghi della Consulta. «La mediazione e parte essenziale della vita democratica».
Insomma, con lo scontro tra i poteri non si va da nessuna parte. Perciò ora l'arbitro entra in campo e fissa di nuovo le regole. E subito si scatena una ridda di interpretazioni. Ce l'ha con il modello Meloni? Allude al contrasto tra il governo e i giudici dopo il ritorno in Italia degli immigrati trasferiti in Albania? O piuttosto, visto il contesto amministrativo in cui interviene, il festival delle Province e delle Regioni, vuole mettere in guardia sul progetto di autonomia differenziata? Qualche ora di polemica, finché il Quirinale con un nota ufficiosa precisa che quello che sta particolarmente a cuore al presidente in questo momento è l'elezione dei giudici costituzionali vacanti. Un vulnus che il capo dello Stato ha più volte denunciato e che adesso merita un'ulteriore «sollecitazione» perché non è pensabile né sopportabile che un organo di garanzia di quel livello possa continuare a lavorare così.
Certo, il suo richiamo alla «collaborazione» può essere utilizzato anche per tanti altri argomenti. Pure, ad esempio, per il piano Meloni. Mattarella però non intende schierarsi da una parte o dall'altra, non esce dai confini delle sue prerogative, si limita a invitare tutti alla ragione e ad abbassare i toni. «La ricerca di punti comuni - spiega parlando al teatro Piccinni di Bari - la condivisione delle scelte sono essenziali per il buon funzionamento e per il servizio da rendere alla comunità». E del resto un paio di giorni fa, proprio mentre esplodeva il caso dei migranti e l'Albania non veniva considerata un approdo sicuro, il presidente ha elogiato i progressi del Paese delle Aquile ripetendo come «l'Italia sia una convinta sostenitrice dell'ingresso di Tirana nell'Unione europea».
Dunque, visto dall'ottica inclusiva del Quirinale, ingaggiare bracci di ferro su qualunque tema divisivo non serve a nulla. «Vi sono dei momenti particolari - insiste - nella vita di ogni istituzione in cui non è possibile limitarsi ad affermare la propria visione delle cose, approfondendo solchi e divisioni, ma occorre saper esercitare capacità di mediazione e di sintesi». Il compromesso non è una brutta parola. «È un pezzo essenziale dell'esistenza democratica, poiché le istituzioni appartengono e rispondono all'intera collettività». Non sono di parte, di destra o di sinistra. «Tutti debbono potersi riconoscersi in esse».
Vale pure per i rapporti tra centro e periferia. Mattarella, nonostante il clima, vede segnali positivi. «Desidero ribadire l'apprezzamento per quell'intesa che pone in evidenza l'importanza della cooperazione per le Regioni e le Province e che consente loro di essere una voce ancora più autorevole e ascoltata». Ci sono nuove sfide da affrontare con fiducia ma pure da governare. Una è la l'intelligenza artificiale. «Si e avviata una nuova rivoluzione? L'intelligenza artificiale surrogherà le capacità intellettive umane?». Serve attenzione.
«Pensiamo davvero che una macchina potrà sostituire un medico per curare le persone o un giudice per scrivere una sentenza? Non bisogna violare la dignità umana». Infine il clima. «Occorre un misto di determinazione, di fiducia e di politiche lungimiranti, con investimenti mirati, considerando che le risorse energetiche del pianeta non sono illimitate. Pensiamo ai giovani».