Con la legge di bilancio 2025, l’articolo 32 della Costituzione rischia di essere ancora una volta tradito. L’universalismo, l’uguaglianza e l’equità del nostro Sistema sanitario nazionale saranno ulteriormente minati dalla manovra che, al di là dei proclami di Giorgia Meloni – “non ci sono mai state così tante risorse sulla sanità” – stanzia fondi assolutamente insufficienti secondo tutte le principali associazioni di categoria. Alle Regioni resteranno solo due opzioni: o tagliare altri servizi garantiti ai cittadini o alzare le tasse, aumentando l’addizionale Irpef. Il 20 novembre, lo sciopero nazionale di 24 ore di medici, infermieri e professionisti sanitari, proclamato dai sindacati Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up, servirà a far rendere conto a decisori politici e cittadini cosa vuol dire vivere in un Paese in cui non esiste più la sanità pubblica.
I professionisti sanitari incroceranno le braccia per 24 ore (saranno comunque salvaguardate le prestazioni di urgenza) e si ritroveranno a Roma per una manifestazione a cui sperano possano partecipare anche tanti cittadini. “Protestiamo per il diritto alla salute di tutti”, spiega a Ilfattoquotidiano.it Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed. “Per questo invitiamo i cittadini con noi in piazza, speriamo si possa instaurare un rapporto di complicità. Ci fermiamo per un giorno per non fermarci per sempre”.
Dopo gli annunci iniziali che parlavano di risorse complessive superiori ai 3 miliardi, la manovra prevede per la sanità solo 1,3 miliardi, sufficienti a malapena a finanziare i rinnovi dei contratti del personale. “Già in condizioni di normalità le risorse stanziate sarebbero insufficienti. Nell’emergenza in cui viviamo non sono solo inique, sono inutili, soprattutto perché sono diluite negli anni”, commenta Di Silverio. In ogni caso, secondo Anaao, indipendentemente dalla quantità di fondi stanziati, la finanziaria non affronta le priorità del Ssn: “Non si investe sui professionisti, né sull’integrazione della medicina del territorio con quella ospedaliera, né c’è la volontà di ammodernare il Sistema o renderlo più credibile agli occhi del cittadino. Non c’è traccia di norme sulla depenalizzazione dell’atto medico, né risorse per riorganizzare la sicurezza dei professionisti sanitari”, elenca Di Silverio. “L’unica a uscire trionfante da questa manovra è la sanità privata”.
Come sottolineato anche da un’analisi della Fondazione Gimbe, le risorse stanziate non consentiranno di mettere in pratica il piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri di cui avrebbe bisogno il Ssn e che il ministro Orazio Schillaci aveva promesso. Né tantomeno permetteranno di eliminare il tetto di spesa per il personale sanitario, contrariamente a quanto previsto dal decreto legge sulle liste di attesa. Ma “il piano di assunzioni sarebbe stato comunque inutile”, commenta Di Silverio. “I concorsi già oggi si fanno ma vanno deserti. Prima bisogna rendere appetibile la professione, valorizzare chi sceglie di lavorare nel pubblico. Invece otteniamo solo aumenti di stipendio risibili”. Il riferimento è all’indennità di specificità medica sanitaria inserita nella manovra: nel 2025, 17 euro netti al mese per i medici e 14 euro per i dirigenti sanitari; l’anno successivo, 115 euro per i medici e zero per i dirigenti sanitari. Ma ancora peggio è andata agli infermieri, i professionisti sanitari che più scarseggiano nel nostro Paese. Nelle loro tasche entreranno (forse) circa sette euro nel 2025 e 80 nel 2026. L’uso del “forse” è d’obbligo perché, come specifica il presidente di Anaao Assomed, le indennità, sia per i medici che per gli infermieri, arriveranno soltanto dopo la firma dei contratti nazionali validi per il triennio 2025-2027. Contratti la cui discussione, nella migliore delle ipotesi, comincerà tra due anni. Prima, infatti, le parti sociali dovranno firmare il contratto nazionale precedente, quello del triennio 2022-2024, che scadrà tra poco più di due mesi e su cui ancora non c’è accordo.
Per Guido Quici, presidente di Cimo-Fesmed, i 17 euro promessi ai medici nel 2025 non sono altro che “un’elemosina”, “una provocazione voluta”. “A queste condizioni i colleghi fanno bene a uscire dal Ssn”, commenta Quici a Ilfattoquotidiano.it. “Chi fa le prestazioni sono i professionisti. È su di loro che serve investire. Con i miliardi del Pnrr posso comprare macchinari di ogni tipo, come tac o risonanze magnetiche, ma se non ho il personale per farli funzionare, comunque non sarò in grado di garantire un’offerta sanitaria adeguata”. Il risultato è che chi ha abbastanza soldi si rivolge al privato, gli altri smettono di curarsi. Per Quici questo risultato è il frutto di un “piano ben preciso volto ad arricchire, sulle spalle dei malati, il privato”, le assicurazioni, le cooperative e le multinazionali della salute. Con questa legge di bilancio “a rate”, che diluisce le poche risorse negli anni, “il governo dimostra di non capire che l’emergenza è adesso”, spiega Quici. Sulla bontà del lavoro del ministro della Salute però non ha dubbi: “Il ministro si è impegnato tanto per ottenere lo sblocco del tetto di spesa per le assunzioni del personale, ma nella manovra non ce n’è traccia. Come sono sparite anche le 30mila assunzioni straordinarie promesse nei mesi scorsi”.
Senza assunzioni sarà impossibile ridurre il carico di lavoro dei dipendenti e migliorare le condizioni, oggi proibitive, di chi opera negli ospedali. “Ogni anno il Mef, con i suoi burocrati, continua a mettere tagliole alla sanità. Mentre i soldi per altro si trovano sempre. Penso, negli ultimi due anni, a Telecom o al mondo del calcio”, commenta Quici, che conclude: “È una presa in giro aumentare di tre euro le pensioni minime e poi costringere le fasce più povere della popolazione a spendere centinaia di euro per visite mediche private e analisi altrimenti inaccessibili nella sanità pubblica”.
Allo stesso modo, per Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up, la legge di bilancio 2025 ha messo in piedi “il solito teatrino”: “Il governo ha scelto di non valorizzare i contratti degli infermieri, commenta a Ilfattoquotidiano.it. Non ci garantisce né stipendi dignitosi, né la sicurezza di non essere presi a botte a ogni turno sul luogo di lavoro. Così è impossibile che i giovani si avvicinino alla professione”. E di nuovi infermieri l’Italia ne avrebbe molto bisogno. Ne mancano più di 175mila e non c’è alcuna prospettiva di ridurre questo gap in futuro, visto che tra i Paesi Ocse siamo terzultimi per numero di laureati in Scienze Infermieristiche. “Noi siamo l’ossatura portante del Ssn, ma ci arrivano sempre solo le briciole. Addirittura quella misera indennità che ci hanno concesso non sarà neanche estesa alle ostetriche”, prosegue De Palma.
Il sindacato aveva chiesto che per l’indennità di specificità fossero messi a disposizione almeno 453 milioni, ma ne arriveranno solo 320. Risorse che, come detto, sono legate a un contratto nazionale la cui discussione inizierà tra almeno due anni. “Chissà quando arriveranno davvero questi soldi nelle tasche degli interessati”, si chiede De Palma. “Sono anni che siamo invisibili, nonostante la vera carenza di personale sanitario in Italia si riscontri proprio tra gli infermieri e nonostante l’età media della popolazione del nostro Paese continui a crescere. Chi si occuperà dell’assistenza dei pazienti anziani?”. Un’anticipazione di questa prospettiva, assicura De Palma, la si avrà già con lo sciopero del 20 novembre. “L’impatto sarà dirompente, ma la protesta è necessaria per rivendicare, prima che le nostre istanze di lavoratori, il diritto alla salute per tutta la popolazione. Siamo certi che la cittadinanza ci sosterrà”.
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