Napoli, medici e professionisti dal boss di Mergellina: «È come un ?sindaco?»

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Un pezzo di mondo si rivolgeva a lui. Da quelli del vicolo a quelli degli studi professionali, dagli affiliati patentati ai medici in carriera. Come se fosse stato un giudice in un tribunale o addirittura una specie di autorità pubblica, tipo il sindaco di rione Mergellina. Parliamo del boss Rosario Piccirillo, al secolo ‘o biondo, e della storia del racket sulle boe di Mergellina. Finito in cella per tentata estorsione nei confronti di alcuni ormeggiatori, Rosario Piccirillo dovrà difendersi dall’accusa di aver speso il proprio peso criminale per mettere le mani su una ventina di boe nelle acque antistanti la zona del consolato americano.

È la stessa vicenda che vede in cella il figlio di Rosario, vale a dire Antonio Piccirillo, fino a qualche anno fa noto per la dissociazione dalla camorra e dalle scelte familiari (“la camorra è una montagna di merda”, scrisse su uno striscione), poi qualche giorno fa finito in cella con l’accusa di tentata estorsione. 
 

Gip Federica Colucci, ieri mattina gli interrogatori di garanzia per i due presunti taglieggiatori. Difesi dal penalista Fabio Segreti, Rosario e Antonio Piccirillo raccontano la loro versione dei fatti: «Una ventina di boe nello specchio di acqua antistante la zona del consolato americano appartengono alla mia famiglia», spiega il figlio del boss. Anni fa - secondo questa ricostruzione - Rosario Piccirillo avrebbe investito circa 180 milioni di lire per la gestione delle boe, in uno scenario in cui non esistevano licenze e paletti normativi come ai tempi nostri. Ed è questa convinzione che avrebbe spinto Piccirillo jr a chiedere assunzioni (o la gestione di venti campi boe) alle famiglie che oggi - unite in una coop - hanno i titoli per controllare gli ormeggi nelle acque napoletane.

Inchiesta condotta dai pm Celeste Carrano e Mariangela Magariello, in forza al pool coordinato da Rosa Volpe e dal capo della Procura di Napoli Nicola Gratteri, agli atti intercettazioni telefoniche e denunce. Ed è in questo scenario, che emerge la presunta autorevolezza acquisita dal boss di Mergellina anche agli occhi di persone esterne al circuito criminale. C’è un medico che si rivolge a Piccirillo. Che va addirittura a trovarlo a Sessa Aurunca, nel periodo in cui il pregiudicato era in libertà vigilata, assunto presso una struttura privata. Stesso via vai all’esterno della propria abitazione napoletana, quando - più di recente - ottiene il permesso di fare ritorno a Napoli.

Accertamenti condotti dalla squadra mobile del primo dirigente Giovanni Leuci, c’è una informativa agli atti sui contatti “borghesi” del soggetto finito in cella in questi giorni. Contenziosi legati alla spartizione di un bene privato, litigi riconducibili a compravendita di immobili (specie nella zona della Torretta), l’ultima parola (o un semplice consiglio autorevole) spetta a Rosario Piccirillo. Ma torniamo alla storia delle boe. Al centro di tutto c’è una cooperativa formata dalle famiglie Dello Russo, Bianco e De Crescenzo. Da qualche anno la coop gestisce le boe più ambite di Napoli, quelle a ridosso della scogliera cittadina, alimentando così il pressing dei Piccirillo. 
 

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In questo contesto, Antonio Piccirillo si sarebbe recato in casa della tiktoker Rita De Crescenzo a pretendere la gestione di una ventina di campi boe o delle assunzioni stagionali per sè e per alcuni soggetti di sua conoscenza. Di fronte al rifiuto di De Crescenzo, il ragazzo si sarebbe espresso in questo modo: «Quando andrai a fare la denuncia, ricordati che le minacce di morte sono di mio padre ma anche mie».

Ieri Piccirillo jr ha spiegato così il suo coinvolgimento nella storia delle boe: «Ho agito nella convinzione che mi ha trasferito mio padre, secondo la quale le boe appartengono a mio padre, che - anni fa - ha investito fino a 180 milioni di lire, consentendo a un pezzo di economia cittadina di germogliare in quella zona. Mi sono sentito estromesso e ho solo preteso il rispetto di accordi risalenti nel tempo».

Uno scenario che in passato è stato caratterizzato da minacce e aggressioni, al punto tale che un imprenditore era stato sequestrato e intimidito da parte di soggetti riconducibili alla camorra di Mergellina. Pressioni e rivalità che vanno avanti da almeno trenta anni - scrive il giudice - e che riguardano anche altri spaccati della zona di Mergellina: un mondo nel quale, al netto di interessi opachi, c’è chi si muove da sindaco, comminando sentenze e dispensando consigli a chi bussa alla sua porta. 

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