Napoli, Osanna: «Opere salvate in mostra, un museo a Sant?Elmo»

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Reperti storici, pezzi pregiati del mercato nero dell’archeologia, che si trasformeranno in arricchimento dell’offerta culturale napoletana. Entro il 2025, a Sant’Elmo nascerà un museo in cui verranno esposti i beni di inestimabile valore che erano stati rubati, rivenduti, e oggi sono stati recuperati grazie all’impegno di magistratura e forze dell’ordine. A darne notizia è il direttore generale dei Musei per il Mic Massimo Osanna, a margine del convegno organizzato ieri da Officina Volturno e Informare, insieme all'Archivio di Stato e al Mic. Sale nel luogo più panoramico del Vomero in cui saranno visitabili i reperti ritrovati nell’oceano del mercato nero dell’archeologia. Oggetti che raccontano storie in cui la realtà può superare l’immaginazione: una statua rubata, recuperata addirittura in un museo negli Usa. Un bassorilievo pompeiano ritrovato in una casa in Belgio. Una struttura paleocristiana rinvenuta un paio di mesi fa sotto una casa nei dintorni di piazza Borsa ora sequestrata. Tutte cronache di recuperi e di arte salvata, che sono emersi durante il dibattito di ieri.

Che danno, culturale e di indotto, per il territorio a causa del saccheggio di opere d’arte?
«Senza soffermarci ora sui calcoli statistici posso dire che grazie ai carabinieri ogni bimestre arrivano centinaia di pezzi. Stiamo parlando di capolavori assoluti, che vengono dall’estero, anche dall'America. Non siamo più ai livelli del saccheggio incredibile che si registrava negli anni Settanta-Ottanta, ma il fenomeno resiste».

Come arrivano all’estero i pezzi trafugati?
«Esistono intere catene che vedono i “tombaroli” come ultimo anello. Pesci piccoli, si potrebbe dire. Nel fenomeno sono coinvolti anche grandi musei, galleristi, collezionisti privati. È purtroppo un crimine radicalmente diffuso, ma noi siamo all’avanguardia nel combatterlo. A volte diamo una mano anche a Paesi come Grecia e Messico per fare rientrare le opere rubate dai loro territori».

Sarebbe possibile pensare a un museo napoletano di arte recuperata?
«Stiamo lavorando per un museo dell’arte salvata a Castel Sant’Elmo. Abbiamo già individuato i locali e stiamo procedendo con il progetto scientifico, sempre in collaborazione con tutte le istituzioni, le procure e i carabinieri. Spero che il museo possa essere pronto già nel 2025».

Anche se fare una statistica è complesso, quanto potrebbero valere i pezzi di arte rubata sul mercato nero?
«Dipende dalla rarità dell’oggetto. Una grande statua di bronzo vale milioni. Esistono anche reperti da centinaia di migliaia di euro».

Tornando al progetto del museo, quante opere potrebbero essere ospitate a Sant’Elmo?
«Nei caveau dei carabinieri ci sono migliaia di reperti. Andrà fatta una selezione, ma l’idea è quella di realizzare un’esposizione a rotazione. Credo che i musei non debbano mai essere permanenti: bisogna sempre rinnovare le narrazioni e le esposizioni. Soprattutto se si parla di beni archeologici, che nei depositi sono documentati in numero enorme. Il museo porterà all’attenzione del pubblico anche le novità più recenti sui sequestri».

Qualche caso particolare che vuole sottolineare?
«Citerei il caso di Civita Giuliana: grazie ai procuratori Fragliasso e Filippelli, c’è stata una sinergia straordinaria tra il Parco di Pompei e la procura di Torre Annunziata negli anni scorsi. Si decise di intraprendere assieme gli scavi: per i magistrati era importante trovare le prove dei reati. Per noi era importante salvare ciò che ancora poteva essere salvato. Venne fuori che le dimensioni del saccheggio erano enormi. Decine e decine di cunicoli sotterranei saccheggiati fino al nostro arrivo. Arrivammo però in tempo per salvare il bellissimo carro che oggi si trova nel museo di Boscoreale».

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Ci sono nuove contromisure in arrivo per combattere i saccheggiatori?
«Si, con operazioni anche di tutela del patrimonio. La Direzione generale dei Musei, grazie a un finanziamento cospicuo del Ministero degli Interni, sta lavorando per dotare non solo i musei ma anche i parchi archeologici, che sono spesso più fragili, di sistemi di videosorveglianza sofisticatissimi. Stiamo portando nel mondo contemporaneo la sicurezza dei nostri siti culturali».

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