Il campo largo competitivo senza veti al centro. Il "trumpismo"? Non paga
La vittoria del cosiddetto campo largo, e più in particolare del Pd, in Emilia Romagna era nelle cose, nessuno l'ha mai messa in dubbio. Invece, quella in Umbria evita allo schieramento di sinistra un mare di polemiche, perché se il centro-destra avesse doppiato il successo della Liguria avrebbe gettato la sinistra nello sconforto. Per cui scampato pericolo, ma sicuramente nessuno può considerarsi soddisfatto visto che il fenomeno dell'astensione dal voto sta raggiungendo cifre sempre più preoccupanti. Per cui se si vince o si perde quando la metà dei cittadini disertano le urne sarebbe un errore considerare il risultato positivo in termini entusiastici oppure quello negativo come una sconfitta senza appello. Sicuramente, però, entrambi i poli dovrebbero far tesoro di alcune indicazioni che vengono dal voto.
Intanto il campo largo è l'unica proposta politica che la sinistra ha per essere competitiva a patto, però, che il campo sia larghissimo, cioè che non sia inficiato da veti e contro-veti. È uno schema che dovrebbe imporre innanzitutto il Pd, di gran lunga il partito più grande e che proprio per questo non dovrebbe rinunciare ad esercitare come in passato la propria egemonia sulla coalizione. Tant'è che in Liguria dove ha subito i niet di Conte la coalizione ha perso. In Emilia e in Umbria, invece, dove in qualche modo, sia pure senza i loro vessilli, i centristi erano presenti nello schieramento, il campo largo si è imposto. Non è un problema di numeri o di percentuale ma riguarda la funzione che i candidati di Renzi e di Calenda possono svolgere sull'elettorato moderato.
Da questo dato incontrovertibile discendono una serie di corollari. In Emilia e in Umbria l'opposizione si è presentata con due sindaci in carica, cioè con candidati espressione del territorio, e con piattaforme basate soprattutto sui programmi. Al punto che in Umbria la campagna si è incentrata sul chiodo fisso del sistema sanitario regionale che secondo Schlein e compagni il centro-destra avrebbe demolito. Insomma, meno ideologia e più «concretezza». Basta pensare che la prima cosa chiesta dal nuovo Governatore dell'Emilia, Michele De Pascale, è stato un incontro con la Presidente del Consiglio per proporle un «patto» sugli interventi da realizzare nelle zone alluvionate. Rispetto all'impianto fortemente ideologico che ha accompagnato la campagna elettorale di Andrea Orlando in Liguria, un collage di giustizialismo e lotta di classe imposto dai 5stelle (ormai in caduta libera) e dalla sinistra radicale, in Emilia e in Umbria si è sentita tutt'altra musica.
In fondo i due candidati-sindaci, De Pascale e Proietti, hanno replicato lo schema che in Liguria ha garantito al sindaco di Genova, Marco Bucci, la vittoria per il centro-destra.
Sull'argomento dovrebbe riflettere anche però il centro-destra partendo da un dato: la forza più penalizzata dal voto è stata la Lega. Anche qui l'ideologia, i toni forti, il populismo esasperato non hanno pagato. Come non paga presentarsi - ultimo vezzo di Matteo Salvini - con la cravatta rossa in ossequio a Trump. Non bisogna scambiare l'Italia che è in Europa con gli Stati Uniti. Altrimenti si prendono abbagli. Non è detto, infatti, che gli slogan di The Donald piacciano pure da noi, perché ventilare dazi e lasciarsi andare a certi proclami possono impaurire l'elettorato moderato. Non per nulla quando qualcuno osava paragonare Berlusconi a Trump, il Cav lo silenziava con una risposta stizzita: «Io e quello (appunto, quello ndr) non ci somigliamo per nulla».
In fondo anche il populismo di destra, il sovranismo esasperato, sono una scelta ideologica. Buona per fare la voce grossa nei talk show o per rendere i comizi più folkloristici, ma non per attirare voti. Sarà un caso o no che prima dell'avvento di Trump il centro-destra ha vinto (in Liguria) e subito dopo, cioè ieri, no.
E sarà un caso o no che i due leader più infatuati da The Donald - Conte sul versante di sinistra e Salvini su quello di destra - non ne hanno trovato nessun giovamento nelle urne, anzi, a vedere i risultati sembra quasi che ne siano stati danneggiati. Per cui una domanda è lecita: perché gli italiani dovrebbero premiare i seguaci di chi teorizza America First, cioè di chi li lascia soli o, peggio, di chi gli dice in faccia che non contano un tubo?