Carlo Nordio ha spiegato da Palermo che il governo ha reagito a una sentenza non condivisa e ha annunciato provvedimenti legislativi
Carlo Nordio, a margine di un convegno a Palermo, è tornato sula decisione del tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento dei migranti nel centro realizzato dall'Italia in Albania. Da ieri, le reazioni del governo, e anche del premier Meloni, sono molto forti ma, ha spiegato il ministro della Giustizia, "non è contro la magistratura, ma contro il merito di questa sentenza". Sentenza, ha aggiunto, "che non solo non condividiamo ma la riteniamo addirittura abnorme".
Non può essere la magistratura, ha spiegato il ministro "a definire uno Stato più o meno sicuro" ma, soprattutto, la sentenza rischia di creare acredini diplomatiche, se non veri e propri scontri. Perché, ha sottolineato Nordio, "definire non sicuro un Paese come il Marocco può creare problemi". La ratio del tribunale di Roma non è comprensibile nella sua motivazione di non convalidare il trattenimento anche perché, come ha spiegato lo stesso Nordio, "se noi ritenessimo che non sono sicuri Paesi in cui vigono regole come la pena di morte, allora anche gli Stati Uniti non sarebbero un Paese sicuro". Un ragionamento logico, quello del ministro, che smonta quello con il quale le toghe romane vorrebbero sostenere la propria tesi contro il provvedimento del governo. Anche perché, ha sottolineato il Guardasigilli, "c'è una sentenza della Cedu che non dice affatto quello che è alla base della sentenza di Roma: è lo Stato che deve decidere, è una decisione di alta politica".
"Sono questioni di alta politica che non dovrebbero essere lasciate alla magistratura e non saranno lasciate alla magistratura. Interverremo con provvedimenti legislativi", ha spiegato il ministro. Già per lunedì Giorgia Meloni ha convocato il Consiglio dei ministri per discutere del caso Albania, tra le altre cose, e Nordio non ci sta alla narrazione fatta dalle opposizioni di un governo in lotta con e toghe. "Da ex magistrato riterrei quasi sacrilego pensare che il governo a cui appartengo dichiari guerra alla magistratura, cosa che peraltro non è e non sarà mai", ha sottolineato con decisione. Tuttavia, con la stessa fermezza, ha spiegato che "se la magistratura esonda dai propri poteri, come in questo caso attribuendosi delle prerogative che non può avere, come quella di definire uno Stato sicuro, allora deve intervenire la politica".
Si tratta di un dovere, perché "la politica esprime la volontà popolare". Come governo di espressione popolare, a fronte delle elezioni del 2022, ha proseguito il ministro, "noi rispondiamo al popolo: se il popolo non è d'accordo con quello che facciamo, noi andiamo a casa". Ma la magistratura, ha precisato, "che giustamente è autonoma e indipendente, non risponde a nessuno e proprio per questo non può assumersi delle prerogative che sono squisitamente ed essenzialmente politiche". Nel frattempo, non avendo altri argomenti, il Pd come un disco rotto continua a chiedere le dimissioni di questo o di quel ministro. E oggi tocca a Nordio: "Non può rimanere al suo posto".
Stesso spartito dal M5s: "Ha superato ogni limite, il suo comportamento è una vergogna per tutta Italia e per questo deve lasciare il suo incarico per manifesta incompatibilità con il funzionamento delle nostre istituzioni".