Regionali Liguria, Bucci vince al fotofinish: «Sarò presidente di tutti». Sconfitto Orlando, esulta il centrodestra. Crollo M5S e Pd primo parito

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Una vittoria di misura. Basta però a riscrivere la partita delle amministrative autunnali. Per settemila voti il centrodestra conquista la Liguria. Marco Bucci, sindaco di Genova lanciato nella corsa a governatore su input della premier Giorgia Meloni, batte alle elezioni regionali il candidato del “campo largo”, l’ex Guardasigilli del Pd Andrea Orlando. Al termine di uno spoglio al cardiopalma il governo tira un sospiro di sollievo. Bucci vince con il 48,7 per cento, Orlando si ferma poco dietro, al 47,3 per cento. Il manager della Sanità, il primo cittadino che ha affrontato in trincea la tragedia del Ponte Morandi, vince una battaglia politica e insieme quella personale, la malattia confessata in pubblico che non ha fermato la candidatura.

LE REAZIONI

In serata la presidente del Consiglio posta una foto con il sindaco che ha convinto a scendere in campo, nonostante tutto, e grida vittoria: «Ancora una volta, il centrodestra unito ha saputo rispondere alle aspettative dei cittadini, che confermano la loro fiducia nelle nostre politiche e nella concretezza dei nostri progetti. Con la sua guida, la Liguria potrà contare su un amministratore capace e determinato, pronto a lavorare instancabilmente per il bene di tutti i liguri. Avanti, insieme».

La segue Matteo Salvini, il leader della Lega ha presidiato da vicino la campagna ligure ed è tra i pochi, come al comizio finale a Genova venerdì, a dedicare un pensiero all’ex governatore Giovanni Toti, dimessosi dopo gli arresti domiciliari e il patteggiamento nel processo sugli appalti illegali al porto di Genova. «C'è chi ha provato a trasformare il voto in attacco al governo, ma è andata male». Parla di «arresti e una campagna giudiziaria politica e mediatica devastante». Antonio Tajani, vicepremier e segretario di Forza Italia, dà una lettura nazionale della sfida ed esulta: «Vince il buongoverno del centrodestra, una vittoria di squadra». Mentre Lupi applaude «il ruolo del centro e dei moderati».

Ben altri gli umori nel centrosinistra. Apre le danze un impaziente Matteo Renzi, il leader assente sulla scheda elettorale ed escluso dal “campo largo” in Liguria per il veto inamovibile di Giuseppe Conte. «Oggi ha perso soprattutto chi concepisce la politica come uno scontro personale, come un insieme di antipatie e vendetta. Ha perso chi mette i veti», il tweet al vetriolo dell’ex premier. È uno sfogo lungo: «Ha perso chi non si preoccupa di vincere ma vuole solo escludere e odiare. Ha perso Giuseppe Conte, certo, e tutti quelli che con lui hanno alzato veti contro Italia Viva. Solo le mie preferenze personali delle Europee sarebbero bastate a cambiare l’esito della sfida, solo quelle».

Francesco Bonifazi, braccio destro di Renzi ed ex tesoriere del Pd, invita Elly Schlein e gli alleati usciti sconfitti a fare due conti: «E dire che solo Renzi alle Europee ha preso in Liguria 6.500 voti di preferenza. E Paita altri 4.200. Che follia». Lei, “Elly”, segue lo spoglio dal Nazareno, si consola per il primato del Pd, oltre il 28 per cento. Ma nel centrosinistra la vera notizia è il crollo verticale del Movimento Cinque Stelle fermi sotto il 5 per cento, quasi tre punti in meno rispetto al 2020. Una débacle nella Regione del fondatore Beppe Grillo, ormai alle carte bollate con Conte, che ieri ha fatto sapere di non essere andato a votare. Ed ecco dal Pd Dario Nardella mettere il dito nella piaga ospite a 4 di Sera: «Il tema riguarda gli alleati del Pd, noi la nostra parte l'abbiamo fatta». Conte in serata risponde: «Con Renzi avremmo perso voti». Poi ammette: «Risultato deludente».

Non è più roseo il bilancio degli altri partner: se Avs porta a casa il 6 per cento dei voti, Azione di Carlo Calenda si ferma sotto il 2. Cifre che permettono a Meloni di guardare con più fiducia alle prossime sfide delle amministrative autunnali, le regionali in Umbria e in Emilia-Romagna attese a metà novembre. E aprono una crepa nel disegno del centrosinistra che in Liguria non è riuscito a ricomporre in pieno il “campo largo”: dare una spallata al governo Meloni partendo dai territori.

Cavalcare il malcontento in una Regione scossa dalle inchieste giudiziarie che si sono abbattute su nove anni di governo locale del centrodestra. Invece l’esperimento Bucci ha funzionato. Non sono mancate sorprese in uno spoglio che ha troncato il respiro dei leader per un testa a testa protrattosi fino al tardo pomeriggio. A Genova, la città di Bucci, Orlando fa man bassa di voti e surclassa l’ex sindaco (al secondo mandato), incassa un risultato oltre i più rosei pronostici: 49,2 contro 47 per cento. L’ex Repubblica marinara scossa dagli scandali giudiziari sugli appalti al porto e il “sistema Spinelli”, l’imprenditore al centro delle indagini, riversa nelle urne un malumore diffuso. Che è ben presente nel tasso di astensione registrato nell’intera Regione: affluenza al 45,9 per cento, in netto calo rispetto al 53,4 del 2020. Un elettore su due ha boicottato le urne.

LA MAPPA

La geografia fa la differenza sui risultati. Il centrosinistra sfonda nel centro levante, a Genova e nello Spezzino. Il centrodestra fa altrettanto nel Savonese e soprattutto a Imperia, il feudo di Claudio Scajola, ex sindaco che ha schierato le truppe con Bucci ed è risultato decisivo per il vantaggio. Ci sarà tempo per i bilanci. Con la Liguria Meloni e gli alleati mettono le basi per la scalata al Nord, la tornata in Veneto e Lombardia tra il 2025 e il 2026. Una vittoria al fotofinish, che di fatto conferma gli equilibri interni alla coalizione di governo.

Svetta Fratelli d’Italia con il 15 per cento. Un primato che registra però una crescita del consenso più lenta rispetto alle altre Regioni andate al voto, complice la presenza delle liste civiche riconducibili all’ex governatore Toti che hanno incassato consensi in doppia cifra. Seguono Lega e Forza Italia con un derby chiuso leggermente a favore del Carroccio: 8,5 a 8 per cento. Fanno la differenza i “piccoli”, dal leader di Alternativa Popolare Stefano Bandecchi all’Udc, in un voto sul fil di lana. Che ora più che mai nessuno, a Palazzo Chigi come al Nazareno, considera solo un test locale.

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