«Il nostro problema si chiama M5S». Ed è un problemaccio il super-flop di Conte per Elly Schlein. Non se lo aspettava proprio. Le avevano detto che i post-grillini, nonostante la guerra con l’ex padre-padrone Beppe, in Liguria erano radicati e invece: «Si sono rivelati sradicati», è l’amara considerazione nella serata elettorale al Nazareno. Dove la segretaria del Pd segue lo spoglio. E inizialmente, prima di una serie di alti e bassi nell’umore («Stiamo avanti», «Stanno recuperando», «Rieccoci in testa»), è molto tranquilla e dice ai suoi: «I nostri in Liguria stanno votando tutti, la partecipazione è massiccia». Ma poi, nel corso dell’altalena dei sentimenti, deve ammettere Elly che è andata male. Molto male. Non per i voti di lista: «Siamo il partito più votato». Ed è vero. Ma per il deficit di sostegno elettorale che è arrivato al Pd da parte di M5S. E ora Conte che cosa farà?, ci si chiede al Nazareno. E le riposte sono tutte negative: «Dovrà rispolverare il radicalismo e la polemica anti-Pd per recuperare i delusi e per non farsi mangiare dal nuovo movimento di Grillo se ci sarà».
Si prevede grande conflittualità con Conte, insomma, nella brutta serata elettorale dem. Brutta perché c’erano tutte le condizioni favorevoli per vincere - il caso Toti, Toti che patteggia invece di negare gli addebiti giudiziari, il vantaggio iniziale di quasi dieci punti, la discesa in campo di un big come Orlando - e invece niente. Allarme rosso nella notte del Nazareno: «Ragazzi, se ora di perde anche in Umbria è la catastrofe».
La fortuna di Schlein è che l’ala riformista del partito è titubante e impaurita. Non fa che disseminare dubbi sulla leadership di Elly ma siccome sarà lei a fare le liste per le politiche del 2027, tutti cauti e sotto coperta. Per ora. Se però dopo la Liguria si perderà anche in Umbria, la pax filo-Schlein che si sono auto-imposti molti esponenti dem non potrà che finire. Lei gioca sul fatto che, al momento, e anche successivamente prima del 2027, un’alternativa alla sua leadership non esiste. Ma saranno per lei tempi duri. C’è chi non vede l’ora di chiamare in campo Paolo Gentiloni alla guida del Nazareno, ma lui dice di no. C’è chi, e sono i più, dice: aspettiamo il voto in Umbria e in Emilia. Ma per la segretaria cominciare quello che doveva essere il triplete - le tre elezioni autunnali - con la sconfitta nella Liguria che pareva già vinta è uno smacco. Svanito il 3 a zero che cosa accadrà: 2 a 1 (ossia Umbria a sinistra) o addirittura 1 a 2 con la sola Emilia al campo largo
Regionali Liguria, Grillo non va a votare: "smacco" a Conte che appoggiava Orlando
SPIETATEZZA
Renzi non infierisce su Schlein. Anzi. L’ha chiamata e il rapporto, a distanza, continuerà. Ma su Conte, l’alleato ex prediletto di Elly, il leader di Italia Viva è spietato: «Perde chi impone veti». Di più: «Solo le mie preferenze sarebbero bastate a cambiare l’esito della sfida». Potrà essere Renzi a questo punto la stampella di centro che il Pd dovrà trovare perché Avs da sinistra porta poco e M5S non tira più e vanno attirati nuovi voti? Renzi o non Renzi, ora la segretaria del Pd avrà il bisogno di farsi ella stessa più centrista e meno sinistra-sinistra o sperare (aiutandola) che nasca una sorta di nuova Margherita che rimpolpi il bottino elettorale del centrosinistra obbligati a riprofilarsi. «Serve una riflessione profonda», dice Elly ai suoi nella serata della delusione. Magari proprio la leader, specie se dovesse vincere il 5 novembre Kamala Harris negli Stati Uniti, potrebbe adottare un profilo meno sinistra-sinistra e più aperto al moderatismo innovatore. Ma chissà. Di sicuro, come le manda subito a dire Renzi, Schlein dovrà smettere di subire i veti dei 5 stelle, ribattezzati dagli antipatizzanti due stelle e mezzo avendo dimezzato i voti rispetto alle Europee. E le manda a dire anche questo, forse esagerando nelle cifre: quando Conte ci ha espulsi, Orlando era avanti di 5 punti. E comunque il centro che serve ad Elly, per ripartire sulle ceneri del contismo, Matteo è convinto di poterlo incarnare lui.
E intanto, chi diceva - e non erano pochi - che a Orlando mancava l’appeal elettorale adesso si fa risentire alle orecchie della segretaria: non si poteva trovare di meglio? Chissà. E comunque l’ex ministro adesso vorrà tornare alla politica nazionale da cui proviene e invece l’orientamento del vertice dem è quello di farlo restare in Liguria a dirigere l’opposizione.
Al Pd, con il 28 per cento, non è bastata dunque l’impresa di doppiare Fratelli d’Italia (ma le due liste civiche di Bucci al 16 per cento hanno assorbito tanto voto meloniano). E a Genova il risultato è da Pci berlingueriano: 30 per cento. Ma è una magra consolazione, perché alla fine conta chi vince. E il voto di midterm al pesto sorride alla destra. «Abbiamo sbagliato un rigore a porta vuota», c’è chi si dispera nell’entourage della segretaria. E in effetti, da quando c’è l’elezione diretta dei presidenti regionali, mai s’è verificata una riconferma della coalizione uscente di fronte a uno scandalo che l'ha travolta. Una beffa. Ma anche, per Schlein, un bagno di realtà. Così come per Conte. «Risultato deludente», ammette: «Abbiamo l’assoluta necessità di rifondare il movimento partendo dai territori». E ancora: «L’alleanza con Renzi avrebbe fatto perdere ancora di più M5S e quindi l’intera coalizione». Renzi agli occhi di Conte ha propiziato - e il messaggio del leader stellato sembra diretto a Schlein - la sconfitta del centrosinistra: «Bisogna capire una volta per tutte che non si può barattare la credibilità di un progetto politico con gli interessi di qualche gruppo di potere, pronto a spostare il proprio pacchetto di voti alla corte del miglior offerente».
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