Robbie Williams: “C’è chi si ammala per gli effetti collaterali della disforia delle boyband. I ragazzi si uniscono e poi d’un tratto il successo è enorme”

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 “C’è chi si ammala per gli effetti collaterali della disforia delle boyband. I ragazzi si uniscono e poi d’un tratto il successo è enorme”

Robbie Williams è molto sensibile sul tema delle boyband perché l’esperienza fatta con i Take That l’ha segnato parecchio. Non è un caso che sia prontamente intervenuto per parlare dell’ex One Direction Liam Payne, morto tragicamente buttandosi dal terzo piano del suo hotel lo scorso ottobre. In un lungo post su Instagram, infatti, il cantautore ha proposto una commissione di esperti e di addetti ai lavori per cercare di porre dei paletti all’industria musicale americana e mondiale nei confronti delle nuove generazioni di artisti. Proprio per evitare che il successo schiacci l’esistenza di tanti ragazzi e ragazze.

Williams è tornato a parlare di boyband per commentare il docu-film della Bbc “Boybands Forever”, tutto incentrato sulle band degli Anni 90. Il manager dei Take That Nigel Martin Smith ha definito Williams “furbo e piuttosto sveglio” e il fatto che sia caduto nel girone della droga era da attribuire “al fatto di far parte di questa band in cui non poteva avere fidanzate o uscire”.

Così il cantautore ha risposto su Instagram all’ex manager: “Permettimi di rispondere alla tua affermazione. Il mio consumo di droga non è mai stata colpa tua. La mia risposta al mondo distorto che mi circonda è solo mia. Il modo in cui ho scelto di auto-medicarmi è ed è stato qualcosa che monitorerò e con cui avrò a che fare per tutta la vita. Fa parte della mia natura e avrei avuto lo stesso disturbo se fossi stato un tassista. Sono arrivato lì più velocemente grazie alle finanze e al fatto di poter disporre di più soldi, mentre cercavo invano di contrastare la turbolenza della centrifuga mediatica della celebrità pop”.

E ancora: “Se seguite attentamente la storia non potete fare a meno di notare che emerge uno schema. I ragazzi si uniscono a una boyband. La band diventa enorme. I ragazzi si ammalano. Alcuni sono fortunati attraverso una serie di auto-esami e aiutano a superare la loro esperienza. Altri non riescono mai a districare il pasticcio dei rottami del passato. Non sto violando l’anonimato di nessuno condividendo gli effetti collaterali della disforia da boyband che riguardano solo noi ragazzi”. Al solito l’ex stella dei Take That non usa filtri e comunica nel suo modo sempre schietto e sincero.

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