Le parole di Pellegrini nel post-gara dell’altra sera valgono molto di più di mille retroscena. Perché dicono tutto senza nascondere nulla. Per chi se le fosse perse, agevoliamo la lettura: «Il clima nello spogliatoio non è semplice. Dopo una partita inaccettabile, bisogna dirsi la verità e affrontare quello che non va». Di certo non lo si racconta ai tifosi uscendo da Trigoria, tant'è che Mancini - rimasto negli spogliatoi insieme a Cristante alla fine del primo tempo domenica sera - ieri ha provato a glissare sulla questione: «Era già accaduto lo scorso anno». Vero, tra l'altro sempre a Firenze, ma questo non giustifica nulla. Anzi, semmai certifica un atteggiamento reiterato e sbagliato.
Che poi il difensore e Juric abbiano avuto un diverbio molto acceso all'interno dello spogliatoio dove il tecnico imputava al difensore un atteggiamento a dir poco passivo sul 1° gol viola, è soltanto la conferma di un malessere interno che De Rossi aveva provato a dribblare quando era divenuto di pubblico dominio un litigio con Cristante durante una seduta pomeridiana. E poco importa che allora come ieri, almeno dalle ultime ricostruzioni, sembra che i due non siano arrivati alle mani perché separati da calciatori e staff: sono episodi analoghi dove cambiano soltanto gli interpreti ma che manifestano un malessere. Per questo motivo sorprende l'atteggiamento di alcuni calciatori. Come se non capiscano il momento, non intendano che qualsiasi like, commento, parola in più o meno possa essere vivisezionata, giudicata e utilizzata per alimentare il caos che la squadra sta vivendo. Così accade che Paredes se la ride al termine della gara con Kean, suo ex compagno alla Juventus, e Dybala metta un mi piace sotto un post di Bove (suo grande amico) dove si rimarcava con la frase "il cerchio della vita", l'errore commesso da De Rossi e dal club nel cederlo. Sembra quasi che si viva in una realtà parallela dove gli isterismi, l'angoscia e la passione di una tifoseria incredula per quello che sta vedendo, non interessino a nessuno.
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UOMO SOLO
In questo contesto, Juric e le persone vicine a lui hanno la sensazione che la fiducia indiretta incassata nelle ultime ore, con l’esonero (per ora) scampato, sia soltanto a tempo. Già giovedì, la gara con il Toro potrebbe rappresentare il capolinea per il tecnico di Spalato. Che ieri - dopo aver già tenuto a rapporto la squadra al Franchi per quasi un’ora, a tal punto che alcuni azzurri che volevano salutare i compagni di nazionale hanno desistito dall’intento - ha provato a mettere a posto i cocci di una situazione scappata ormai di mano, parlando nuovamente con la squadra. Analizzando i video della gara anche stavolta i tempi sono andati per le lunghe e non vedendo nessuno in campo, in molti hanno pensato che la seduta fosse stata spostata dalle 12 alle 14. Non era così. Quello che però di là delle parole appare ormai chiaro a tutti, è il fatto di come Juric sia un uomo solo. Obbligato a fidarsi di tutti senza fidarsi veramente di nessuno.
Non è tipo da chiedere provvedimenti disciplinari per i suoi atleti e malignamente, anche se lo volesse, non saprebbe a chi chiederli. Ieri benché Ghisolfi alla fine abbia annullato il viaggio per Parigi dov’era atteso insieme a Hummels e Dovbyk per la kermesse del pallone d’oro, sul campo non si è fatto vedere. Sarebbe bastato poco per dimostrare al tecnico la sua vicinanza. Una pacca sulla spalla, una parola. Anche in francese.