La sindrome da alienazione parentale (PAS) indica i tentativi di un genitore di manipolare il figlio contro l’altro. Tuttavia, la giurisprudenza italiana ritiene questa teoria priva di basi scientifiche, richiedendo ulteriori approfondimenti nei casi di affidamento dei minori. La giurista Valentina Piccinini ha spiegato a Fanpage.it lo stato attuale della questione.
Intervista a Valentina Piccinini
Professoressa associata di Diritto Privato presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca.
La sindrome da alienazione parentale, nota come PAS (Parental Alienation Syndrome), continua a sollevare accesi dibattiti, sia in ambito giuridico che scientifico. Identificata come un disturbo psicologico che coinvolge i minori in contesti di alta conflittualità familiare, questa condizione era stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico per definire l'insieme dei comportamenti adottati da un genitore per manipolare i figli e metterli contro l'ex partner.
La giurisprudenza italiana ha però contestato più volte la scientificità di questa "sindrome" e le effettive modalità di applicazione di tale condizione nelle cause relative all'affidamento dei minori rimangono ancora oggi piuttosto confusionarie. Per fare chiarezza su questo complesso intreccio tra diritto e psicologia, Fanpage.it ha intervistato Valentina Piccinini, Professoressa associata di Diritto Privato presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, per approfondire il corretto inquadramento giuridico della sindrome e sfatare qualche mito sul tema
Professoressa, che cos'è esattamente questa sindrome da alienazione parentale?
La sindrome da alienazione parentale è un disturbo che diversi anni fa era stato identificato per dare un fondamento giuridico ad alcune dinamiche psicologiche che interessavano le cause di separazione conflittualeda parte di due genitori. Tale "sindrome" si manifesta nell'attuazione di tutti quei comportamenti volti ad allontanare i figli dall’altro genitore, sia emotivamente che fisicamente.
Quali sono questi comportamenti?
Gli esempi più comuni comprendono la tendenza a parlare sistematicamente male dell’ex partner o a sminuire l’affetto che l’altro genitore prova nei confronti del minore. Tutto ciò che concorre ad alimentare l’ostilità dei figli e far sì che essi non vogliano più vedere uno dei due genitori può rientrare nella casistica della PAS.
Quali sono le possibili ripercussioni sui minori?
Il segnale più evidente si mostra quando il figlio comincia a non voler più vedere il genitore. Oggi la legge cerca di garantire, quando possibile, il diritto di visita del minore con il genitore non affidatario. Se però il figlio inizia a non voler più andare dall’altro genitore, si rifiuta di sentirlo al telefono o adotta nei suoi confronti un atteggiamento astioso, ciò può essere un campanello d’allarme, soprattutto se prima della separazione il loro rapporto era del tutto normale.
Perché la PAS è oggetto di contestazione da parte di alcuni addetti ai lavori?
Quando la sindrome è stata introdotta nell'ordinamento, durante i processi si nominavano consulenti tecnici d’ufficio (CTU), che normalmente erano psichiatri o psicologi specializzati, per valutare il caso. Se i consulenti accertavano l’esistenza di questa dinamica disfunzionale, il giudice poteva affidarsi alle loro relazioni per per disporre l’allontanamento del genitore accusato di adottare simili comportamenti. Dopo qualche anno, però, alcuni tribunali di merito – e la stessa Cassazione – hanno contestato la scientificità di questa sindrome, sottolineando come l’accertamento di tale condizione non potesse essere sufficiente da sola a motivare l’allontanamento dei figli dal proprio genitore.
È vero che la riforma Cartabia ha di fatto cancellato la PAS tra le possibili motivazioni per disporre l'allontanamento dei figli nei confronti di un genitore?
La riforma del processo civile non ha privato di rilievo i comportamenti riconducibili alla sindrome di alienazione parentale. Ha solamente specificato che il giudice non può limitarsi solo alle relazioni del CTU per prendere la propria decisione, ma deve esercitare tutti quei poteri che la legge gli riconosce per accertare la situazione – uno su tutti l'ascolto diretto del minore in questione – per valutare in che termini il genitore si sia effettivamente adoperato per rendere ostile il figlio nei confronti dell’altro genitore. Già prima della Cartabia però la giurisprudenza aveva provveduto a porre la questione entro simili binari. Attenzione però, questo non significa che i comportamenti associati alla PAS non esistano o non siano considerabili come valide motivazioni per disporre l’allontanamento o la revoca dell’affidamento dei figli: tali atteggiamenti devono però essere appurati nel quadro di un’indagine più approfondita.