Stretta sul fentanyl: così Pechino vuole scongiurare la guerra commerciale con gli Usa

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Xi Jinping spera di poter replicare la politica adottata durante il primo governo Trump e ottenere un abbassamento dei dazi che il tycoon ha promesso di mettere ai prodotti cinesi

 così Pechino vuole scongiurare la guerra commerciale con gli Usa

Con l’imminente ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump il barometro delle relazioni tra Washington e Pechino segna già cattivo tempo. Il tycoon intende scatenare, dopo quella del suo primo mandato, una nuova guerra commerciale contro l’erede del Celeste Impero e ha annunciato una serie di nomine ostili al gigante asiatico. Anche il leader cinese Xi Jinping potrebbe però avere qualche asso nella manica da giocare nella partita con gli States.

Andiamo con ordine. Il deterioramento dei rapporti tra le due superpotenze non è recente essendo cominciato già con Barack Obama. Le relazioni non sono poi state idilliache neanche durante la presidenza di Joe Biden. Dall’Indo-Pacifico alla competizione tecnologica e alle critiche per la cooperazione con Mosca, numerosi sono stati i punti di frizione tra le due superpotenze e molti dazi approvati da The Donald tra il 2017 e il 2021 sono stati confermati negli ultimi quattro anni dal vecchio Joe.

La scorsa settimana, incontrando il presidente uscente Usa a margine del vertice Apec in Perù, Xi Jinping ha parlato a suocera perché moglie intenda, tracciando quattro linee rosse che “non dovranno essere sfidate” e “rappresentano i più importanti guardrail e reti di sicurezza per le relazioni sino-americane": Taiwan, democrazia e diritti umani, il percorso e il sistema cinese e il diritto allo sviluppo del Paese del dragone.

Il presidente eletto Trump punta allo scontro frontale con il gigante asiatico volendo alzare le tariffe su tutte le importazioni dalla Cina sino al 60% e avendo nominato ai dicasteri chiave una squadra di falchi anticinesi. Già prima che il miliardario nominasse segretario al Commercio Robert Lightizer, sostenitore dei dazi, i commentatori avevano parlato di una “mattina di Natale” per le fazioni più invise a Pechino. Un riferimento, tra gli altri, a Marco Rubio segretario di Stato, e a Mike Waltz, consigliere per la Sicurezza nazionale.

Xi Jinping, che conosce bene Trump e lo ha accolto in visita ufficiale in Cina prima della pandemia di Covid (definita dal tycoon il “virus cinese”), ha lasciato intuire come potrebbe rispondere al cambio di amministrazione a Washington. Appena tre giorni dopo le elezioni del 5 novembre, Pechino ha infatti annunciato l’arresto, grazie ad informazioni di intelligence fornite dagli Usa, di un sospetto produttore di agenti chimici precursori del fentanyl, l’oppioide sintetico soprannominato la "droga degli zombie".

Non si tratta di una mossa casuale. Lo scorso anno negli Stati Uniti si sono registrate 107mila vittime da abuso di droghe, molte delle quali a causa del fentanyl. In campagna elettorale, Trump ha minacciato dazi senza precedenti se la Cina, il più grande produttore delle sostanze chimiche necessarie per fabbricare l’oppioide, non dovesse combattere il traffico di tale sostanza.

Come evidenzia il Wall Street Journal con la notizia dell’arresto Pechino vuole far capire al 47esimo presidente americano che prende sul serio la lotta al fentanyl. La tattica di Xi Jinping è peraltro simile a quella adottata dalla Cina durante il primo mandato Trump. Nel 2018, nel pieno della guerra commerciale tra i due Paesi, il leader del Dragone acconsentì a regolamenti più stringenti sul fentanyl in cambio di un ammorbidimento dei dazi determinando uno spostamento della produzione della droga in Messico e in altre nazioni. Il problema però permane in quanto aziende cinesi continuano a produrre agenti chimici precursori della pericolosa droga.

A differenza che in passato, gli analisti rilevano che Xi Jinping potrebbe comunque non avere interesse a regolare il traffico di droga mostrandosi debole nei confronti dell’America o potrebbe ignorare il problema se Trump non dovesse in parallelo abbassare i dazi. Inoltre il governo cinese non vuole essere considerato un capro espiatorio per l'emergenza legata al consumo di droghe negli States.

Intanto a Washington la Us-China Economic and Security Review Commission ha rilasciato il suo rapporto annuale al Congresso raccomandando la fine delle normali relazioni commerciali tra Cina e Stati Uniti.

Una proposta senza precedenti dall’istituzione della Commissione nel 2000 che fa eco a quanto affermato lo scorso settembre da Rubio, prossimo segretario di Stato: “Dare alla Cina comunista gli stessi benefit commerciali che diamo ai nostri più importanti alleati è stata una delle decisioni più catastrofiche che il nostro Paese abbia mai preso”. E adesso a Pechino ci si prepara al peggio.

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