TAV e ‘Ndrangheta, in Val di Susa sospesi lavori di un’azienda per legami con la mafia

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La società Cogefa, colosso dei grandi cantieri e delle infrastrutture autostradali, è stata colpita da un’interdittiva antimafia per i suoi presunti legami con la criminalità organizzata. Questa decisione segue un’indagine della DDA di Torino che ha rivelato connessioni tra la ‘Ndrangheta e i cantieri della A32 Torino-Bardonecchia. La società partecipa al consorzio che ha da poco vinto un appalto da 650 milioni di euro per il riuso circolare dei materiali di rimessa del cantiere TAV. Secondo il provvedimento della Prefettura, i rapporti tra esponenti della mafia calabrese e la famiglia Fantini, proprietaria della Cogefa, sarebbero storici e ancora effettivi. Questa misura comporta la sospensione immediata di tutte le attività della società. L’azienda, che impiega circa 400 dipendenti diretti e 1200 lavoratori negli appalti, rischia dunque di veder bloccata una lunga serie progetti strategici.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, Teresio Fantini e i suoi figli, Roberto e Massimo, risultano essere legati a figure come Antonio Esposito, condannato per associazione a delinquere con Rocco Lo Presti, storico boss operativo in Val di Susa, e Luciano Ursino, affiliato alla cosca Mazzaferro-Ursino. Teresio, nello specifico, avrebbe concesso incarichi nei cantieri a Esposito. Inoltre, i legami con l’imprenditore Gian Carlo Bellavia, coinvolto nell’inchiesta Echidna, rafforzano i sospetti di collegamenti con la mafia. Roberto Fantini, in particolare, è considerato vicino ai membri della famiglia Pasqua, presunti affiliati alla ‘Ndrangheta. I rapporti commerciali di Cogefa con imprese già segnalate dalla Prefettura per il loro coinvolgimento criminale rappresentano un ulteriore elemento di rischio. L’azienda, dal canto suo, ha immediatamente avviato azioni legali contro il provvedimento della Prefettura, presentando un ricorso al TAR e chiedendo una sospensiva al fine di «difendere con fermezza il proprio operato, la propria reputazione e il futuro dei propri dipendenti e collaboratori, nonché di garantire la piena continuità delle attività aziendali e la corretta esecuzione delle commesse in corso». L’avvocato della società, Carlo Merani, ha dichiarato che Cogefa si considera una vittima, sostenendo che la Prefettura stessa riconosce come l’azienda «potrebbe subire tentativi di infiltrazione mafiosa», invece di esservi direttamente coinvolta.

Cogefa, con un fatturato di oltre 214 milioni di euro nel 2023, è attiva in progetti di grande rilievo, come il tunnel del Col di Tenda e i cantieri complementari al TAV Torino-Lione, dovendosi occupare, insieme ad altre imprese, della gestione e del riutilizzo delle rocce estratte nello scavo del tunnel di base del Moncenisio in Italia. Il progetto è stato fortemente pubblicizzato da TELT, ente responsabile dei lavori e partecipato da Italia e Francia. Cogefa ha inoltre partecipazioni importanti, tra cui il 50% nel Consorzio Edilmaco e progetti di lusso a Monaco e Torino. Secondo la normativa vigente, l’interdittiva antimafia colpisce l’affidabilità dell’impresa e la sua capacità di partecipare a lavori pubblici. Se l’azienda in questione fa parte di un consorzio, ciò può determinare la revoca dell’intero appalto, o in alternativa, l’esclusione dell’azienda colpita dall’interdittiva, con l’obbligo per il consorzio di riorganizzarsi senza di essa. La decisione spetta principalmente all’autorità che ha emanato l’appalto o che gestisce il contratto, che valuta la situazione alla luce della normativa antimafia e delle clausole contrattuali.

Lo scorso aprile, i carabinieri del ROS della compagnia di Venaria Reale e della stazione di Leinì avevano arrestato nove persone accusate di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio, estorsione, ricettazione e detenzione illegale di armi, nell’ambito dell’inchiesta sulle pesanti infiltrazioni mafiose nell’economia legale del territorio di Torino e provincia. Esse avrebbero riguardato una serie di lavori e appalti dell’A32 Torino-Bardonecchia e lavori collegati al Tav Torino-Lione. Nel mirino della magistratura è finito il sodalizio di ‘Ndrangheta guidato dalla famiglia Pasqua, che avrebbe controllato aziende di edilizia e trasporti che hanno ottenuto commesse da appaltatori operanti nel settore autostradale e nella realizzazione delle grandi opere, al fine di effettuare lavori di manutenzione del manto autostradale e movimento terra nella provincia del capoluogo piemontese. In tale frangente, erano stati ristretti ai domiciliari anche Roberto Fantini e il presunto boss Giuseppe Pasqua, già detenuto per diversi anni per omicidio e traffico di stupefacenti e considerato al vertice della locale di ‘Ndrangheta a Brandizzo (Torino). I legali di Fantini e Pasqua avevano presentato ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere la revoca degli arresti, accolta solo nei confronti del manager. «Senza Roberto Fantini non vivo più», confidava Pasqua alla sua segretaria in una conversazione captata dagli inquirenti.

[di Stefano Baudino]

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