Tre droni, l’intercettazione dell’elicottero israeliano e il significato simbolico: cosa sappiamo dell’attacco di Hezbollah contro la villa di Netanyahu a Cesarea

1 mese fa 18

TEL AVIV - Hezbollah ha spedito un drone per uccidere il premier israeliano Benjamin Netanyahu. È una risposta diretta e contraria all’attacco con cui gli israeliani hanno eliminato il loro leader, Nasrallah, colpendolo nel suo bunker a Beirut. Ma è una risposta simbolica, più che reale: certamente “mirava alla sua villa di Cesarea”, e quasi certamente l’ha centrata (non è confermato, ma neanche smentito). Bibi e la moglie però “non si trovavano lì”, e “non ci sono feriti”.

L’attacco con tre droni

Ancora una volta Hezbollah ha usato la tattica del tre: ha inviato tre droni tentando di bucare contemporaneamente l’Iron Dome. E anche oggi - come già era successo nel raid contro la base militare Golani ad Haifa, in cui sono morti quattro giovani soldati israeliani colpiti nel refettorio – due dei tre droni sono stati abbattuti dal sistema difensivo aereo israeliano, ma uno lo ha bucato ed è riuscito a volare dritto sull’obiettivo. Non sappiamo quale fosse il target degli altri due.

L’intercettazione con l’elicottero

L’attacco è stato subito identificato dai radar israeliani, e nel nord era scattato l’allarme aereo e l’invito a recarsi subito nei bunker. Un video ha catturato nitidamente il drone che avanza velocissimo a bassa quota, volando su terra ma parallelamente alla costa. Un elicottero, alzato in volo proprio come intercettore, è lentissimo al confronto: il drone gli sfila accanto, si sentono le sirene dell’allarme suonare, ma nulla ne contrasta l’avanzata. Attraverserà Haifa da nord verso sud, e poi proseguirà fino a Cesarea diretto al suo obiettivo.

L’obiettivo colpito

Un alto funzionario del governo israeliano ha riferito alla tv Channel 12 che "l'Iran ha cercato di eliminare il primo ministro Benyamin Netanyahu". Inizialmente Tel Aviv non aveva chiarito neanche se l’obiettivo era stato centrato e con quali danni, ma si era limitata a far sapere che “non ci sono feriti”. I fotoreporter accorsi sono tenuti a distanza dalla villa del premier, che si trova nella zona in cui è avvenuta l’esplosione. Secondo i media arabi, che avevano per primi diffuso la notizia, sarebbe stato centrato il tetto della villa di Netanyahu.

Israele dapprima si era limitato a confermare che il drone aveva colpito “una casa a Cesarea”. I residenti della zona raccontano di avere sentito un forte boato all’ora in cui stavano uscendo per andare in Sinagoga per le celebrazioni del sabato. Un boato che non sarebbe stato preceduto da nessun allarme: evidentemente le sirene erano suonate solo più a nord, fermandosi ad Haifa.

La villa di Netanyahu

La villa dei coniugi Netanyahu a Cesarea è un grande edificio bianco con un ampio colonnato e una piscina, ed è circondata da un parco rigoglioso. Il premier è stato spesso contestato per le notevoli spese di manutenzione ordinaria e straordinaria della villa da 20 milioni di sicli, 5 milioni di euro, caricate sul bilancio dello Stato insieme a quelle per le altre residenze che possiede. Oltre alle spese annuali, nel 2020 l’ufficio del Primo Ministro ha approvato un investimento di 400mila euro proprio per ristrutturare la villa di Netanyahu a Cesarea, eliminando “gravi lacune nella sicurezza che richiedono un intervento immediato”.

Il vero obiettivo di Hezbollah

Dal 2009 però Netanyahu vive stabilmente nella residenza ufficiale di Gerusalemme, un attico da 10 milioni di sicli. Nella città santa ha a disposizione anche una terza residenza, la casa ereditata insieme al fratello. È probabile che Hezbollah abbia scelto di colpire proprio stamattina contando sulla possibilità che il premier avesse scelto di trascorrere lì la festività ebraica del sabato. Ma il vero obiettivo dell’azione è chiaramente simbolico. Colpire la persona, il leader, allo stesso modo in cui Israele sta eliminando uno a uno i leader delle forze con cui combatte: dal capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ucciso a Teheran; al leader sciita libanese Hassan Nasrallah, ucciso nel suo bunker a Beirut; fino al capo di Hamas che ha architettato e condotto il 7 ottobre, Yahya Sinwar, ucciso a Rafah.

Il messaggio è chiaro: rispondere con la stessa moneta retorica, avvertendo i leader di Israele che neppure loro potranno dormire serenamente: sono personalmente e direttamente nel mirino.

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