Giornalista, docente di giornalismo alla Sapienza
Mondo - 27 Ottobre 2024
A poco più di una settimana dall’Election Day di Usa 2024, martedì 5 novembre, i titoli dicono che la partita è aperta, più serrata che mai, incertissima, con Kamala Harris e Donald Trump testa a testa nei sette Stati in bilico. Ma gli articoli dei ‘media che contano’ in America, dal New York Times alla Cnn, passando per il Washington Post, sembrano listati a lutto: e i pezzi suonano campane a morto per la candidata democratica.
“Mentre Harris fa la corte – senza successo – ai repubblicani, i progressisti sono sempre più ansiosi”, scrive il New York Times; e, intanto, il candidato repubblicano fa balenare ai suoi elettori “tagli delle tasse definitivi” (che poi significano tagli ai servizi sociali, con buona pace dei poveri diavoli che lo votano per stare meglio). La tv ‘all news’ progressista spiega perché Harris potrebbe avere “un compito impossibile”, avendo di fronte “il più ostile” e ostico “candidato dei tempi moderni”.
Dopo avere messo in fila i temi che favoriscono Trump, l’inflazione, l’immigrazione e la mancanza di discontinuità tra la vice Harris e il presidente Joe Biden, la Cnn chiude così il suo commento: “I sostenitori di Harris vanno su tutte le furie quando sentono discorsi del genere. Dopo tutto, il suo rivale è un criminale condannato, è stato sottoposto per due volte a procedimenti di impeachment, mente ogni volta che apre bocca e cercò di rubare le elezioni del 2020. Ma la politica non è ‘fair’, non è corretta”.
Alle analisi dei media, fanno eco le parole di Trump in una intervista con il conduttore radiofonico conservatore Hugh Hewitt. Il presidente cinese Xi Jinping tratterebbe Kamala “like a baby” (come una bambina), se fosse eletta alla Casa Bianca: “Le porterebbe via in fretta tutte le caramella… Lei non avrebbe idea di cosa succede… Sarebbe come un gran maestro di scacchi che gioca con una principiante”. Nello stesso podcast, Trump non si perita d’avallare i timori di una seconda presidenza vendicativa: dice che, appena eletto, licenzierà subito – “in due secondi” è l’espressione letterale – Jack Smith, il procuratore speciale che ha istruito i casi federali contro di lui per la sommossa del 6 gennaio 2021 e per i documenti sottratti alla Casa Bianca.
E man mano che i giorni passano, tanto più le guerre in corso nel Medio Oriente e in Ucraina s’intrecciano con la campagna elettorale. Soprattutto il conflitto tra Israele e Hamas, ormai allargatosi al Libano e sempre sul punto di trascinare l’Iran, è una spina nel fianco dei democratici, anche perché il premier israeliano Benjamin Netanyahu punta su Trump e gli dà assist per parlare del “fallimento dell’America” sulla scena internazionale, sotto l’Amministrazione Biden-Harris.
A peggiorare il quadro per i democratici, c’è un sondaggio del Wall Street Journal nel quale Trump torna davanti a Harris a livello nazionale. Il rilevamento, che tiene anche conto degli altri candidati, dà Trump al 47% e Harris al 45%, mentre in agosto Harris era in vantaggio di due punti – siamo sempre nei margini d’errore. Sembra che, con il passare delle settimane, gli elettori acquisiscano una visione più positiva del programma e delle prestazioni del magnate e una più negativa di quella della vicepresidente. Per Harris, una cattiva notizia viene pure dal magnate ritenuto progressista Warren Buffett, che dice di non appoggiare nessun candidato alla Casa Bianca, smorzando le speranze dei democratici che puntavano al suo sostegno come in passato lo ebbero Hillary Clinton e Barack Obama.
Le cattive notizie non sono bilanciate dal fatto che un’ottantina di Premi Nobel statunitensi per la fisica, la chimica, la medicina e l’economia hanno firmato una lettera aperta di appoggio a Harris pubblicata sul NYT, denunciando le posizioni “anti-scienza” e “anti-Università” di Trump.
Usa 2024: la carta del fascismo e l'”agente arancione” di Spike Lee
Nei suoi comizi, Harris denuncia il fascismo del rivale, ma l’allarme per la democrazia sembra risuonare attutito nelle menti degli elettori. L’altra sera, a un evento in Georgia, vicino ad Atlanta, dove con Kamala c’erano Barack Obama, Bruce Springsteen, Spike Lee e altre icone dello ‘showbiz’, Lee ha messo in guardia dagli inganni dell’“agente arancione” Donald Trump: un gioco di parole tra il colore dei capelli del magnate e il nome in codice dato dall’esercito Usa a un defoliante che fu ampiamente irrorato su tutto il Vietnam del Sud, tra il 1961 e il 1971, con effetti devastanti.
In un incontro cogli elettori ospitato in Pennsylvania dalla Cnn, Harris dà apertamente del “fascista” a Trump, citando un ex capo di staff della Casa Bianca quando il magnate era presidente, il generale dei marines in congedo John Kelly. Harris aggiunge che “Trump non difenderà la Costituzione, la ucciderà” e ricorda che il magnate intende “stilare una lista dei nemici per vendicarsi” e attaccare “oppositori pacifici o giornalisti” e che è pronto “ad usare l’esercito contro il nemico dall’interno”.
L’incontro con gli elettori della Pennsylvania dà il destro a Harris di provare a recuperare terreno con gli elettori arabo-americani. “Le migliaia di morti palestinesi sono inconcepibili“, dice, rispondendo; “Dobbiamo lavorare per una soluzione a due Stati”.
Intervistato dal New York Times, il generale Kelly conferma quanto contenuto in un libro del 2022 sulle pulsioni fasciste di Trump e sostiene che il magnate è un fascista, che sarebbe un dittatore se gli fosse permesso e che non comprende i valori della Costituzione o il concetto di stato di diritto. Kelly conferma anche resoconti secondo cui Trump aveva espresso ammirazione per Adolf Hitler (sostenendo che ha fatto “qualcosa di buono”), aveva manifestato disprezzo per i veterani disabili e aveva definito coloro che sono morti sul campo di battaglia per gli Stati Uniti come “perdenti” e “femminucce”.
L’intervista del NYT a Kelly coincide con l’uscita di un articolo su The Atlantic, prestigiosa rivista, secondo cui Trump presidente aveva elogiato i generali di Adolf Hitler per la loro lealtà al dittatore e avrebbe voluto che il personale militare americano gli mostrasse analoga deferenza. “Ho bisogno del tipo di generali che aveva Hitler”, avrebbe detto in una conversazione privata quando era presidente. La frase è credibile, ma 70 milioni di elettori statunitensi paiono disposti a fare spallucce e a votarlo lo stesso.