Due membri del Csm: "Agire contro il leader di Md, Musolino: attaccò il decreto sicurezza in un discorso in un centro sociale"
La carica sindacale, la militanza in una corrente non sono lo scudo dietro il quale un magistrato può venire meno ai suoi doveri di imparzialità: è questa la convinzione che ha spinto due consigliere moderate del Csm a chiedere l'apertura di un procedimento contro il segretario nazionale di Magistratura democratica, Stefano Musolino. Che il 19 ottobre in un centro sociale di Villa San Giovanni, a un convegno contro il ponte sullo Stretto, ha attaccato il decreto sicurezza recentemente varato, accusando il governo Meloni di voler «criminalizzare il dissenso». Il problema è che Musolino oltre a essere leader delle «toghe rosse» di Md è anche un magistrato in un ruolo importante e delicato, procuratore aggiunto della Repubblica a Reggio Calabria. E in questa veste dovrebbe applicare la legge che ha così apertamente dichiarato di ritenere ingiusta.
Secondo Claudia Eccher e Isabella Bertolini, entrambe consigliere laiche del Csm nominate dal Parlamento in quota centrodestra, le «affermazioni di contenuto politico» di Musolino rappresentano «una violazione dei principi costituzionali di imparzialità e indipendenza che tutti i magistrati devono osservare». Per questo le due chiedono l'apertura di un fascicolo contro il procuratore aggiunto di Reggio Calabria per dichiarare la sua incompatibilità con il ruolo svolto, e chiedono al comitato di presidenza del Consiglio anche di verificare se il procuratore aggiunto ha compiuto col suo discorso al centro sociale (e con l'intervista successiva a Piazza Pulita) anche illeciti disciplinari.
Eccher e Bertolini non si fanno grandi illusioni. Da quando la temperatura dello scontro tra magistrati e politica si è surriscaldata il Csm si è sempre mosso a difesa delle toghe: è successo con i giudici di Bologna insorti contro il decreto-migranti, per Iolanda Apostolico, la giudice che partecipava ai cortei pro-migranti e poi faceva le sentenze a loro favore, e da ultimo con la difesa a spada tratta di Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica, autrice di una delle prime sentenze contro il trasferimento dei clandestini in Albania. E ora accadrà lo stesso con Musolino.
A dare la linea è stato a botta calda il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, che ha preso subito le difese del collega di toga e di corrente, accusando Eccher e Bertolini di voler mettere il bavaglio ai giudici: «Si sta oltrepassando il confine del possibile», «questa non è più una pretesa di imparzialità, ma richiesta di silenzio, una cosa è l'imparzialità, un'altra la soggezione silenziosa al governo. Non è nella cifra della nostra fisionomia costituzionale e democratica».
Ma le due consigliere, pur sapendo di fare una battaglia di minoranza, non si tirano indietro.
L'imparzialità, ricordano è ordinata a ogni giudice dalla Costituzione, e «questo requisito inevitabilmente si annacqua nel momento in cui egli decide di prendere posizione su temi che spettano solo e soltanto alla politica». Musolino, d'altronde è recidivo: meno di un mese fa aveva tuonato contro «un governo sovranista che punta a zittire la magistratura, evocando il rischio che l'Italia faccia «la fine di Ungheria e Polonia».