Violenza sulle donne, per un adolescente su tre la gelosia è amore. Il 20% ha fatto sesso non voluto

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Che la gelosia sia un segno d’amore è un’equazione valida per un ragazzo su tre. Quasi uno su due se si chiede solo agli adolescenti tra i 14 e i 15 anni. E tanti (il 37%) sono pure quelli che raccontano di come il partner controlli sempre o quasi l’abbigliamento, perché e con chi si esce (61%), cosa c’è scritto nei messaggi e cosa si posta sui social (36%), e dove si va (15%) con tanto di geolocalizzazione attiva.

Sono alcuni dei numeri – che testimoniano quanto i comportamenti di controllo nelle relazioni siano diffusi tra i più giovani - contenuti nella ricerca "Giovani voci per relazioni libere", condotta da Differenza Donna tra i ragazzi e le ragazze tra i 14 e i 21 anni. Uno studio che fa parte del primo rapporto annuale che l’associazione che gestisce il numero unico nazionale anti violenza e anti stalking 1522 ha voluto pubblicare alla vigilia del 25 novembre.

Ed ecco che sono tanto più allarmanti i numeri, le risposte, le testimonianze dei giovani. Quattro su dieci pensano di aver subito violenza, per la maggior parte sono ragazze. Di solito dell’esperienza subita non ne parlano con nessuno, scelgono di confrontarsi tra pari, più raramente con gli adulti, solo l’1% si rivolge al Centro anti violenza. Sanno dove possono trovare supporto, eppure in moltissimi casi scelgono di non farlo.

Ma di che violenza parliamo? Stalking e atti persecutori per la maggior parte, e poi violenza verbale, violenza psicologica, violenza fisica, sessuale, digitale, economica. A commettere gli abusi nell’87% dei casi è una persona vicina alla vittima, un familiare, un amico, un conoscente, un partner o un ex.

Di sesso si parla poco e male. E c’è un’alta percentuale che racconta di aver vissuto un’esperienza sessuale non del tutto consensuale: è il 18% dei ragazzi intercettati dalla ricerca a affermare di aver vissuto "situazioni obbligate", sesso non voluto. Tra i motivi principali ci sono la difficoltà a dire di no (39%) “perché mi dispiaceva” o il mancato rispetto del consenso (14%) quando il “no” non viene nemmeno ascoltato. Una piccola parte spiega anche di averlo fatto “per sembrare all’altezza”, “perché costretta con la forza” o per aver bevuto.

"La prima cosa che emerge dal rapporto è il passare da generazione a generazione di un’educazione piena di stereotipi e giudizi patriarcali. E questo non avviene in famiglie di basso livello sociale e economico ma avviene in maniera trasversale", commenta la presidente di Differenza Donna, Elisa Ercoli. “Noi abbiamo profondissimamente un'idea di amore come possesso – afferma – e dobbiamo capire che la violenza è potere e controllo. I femminicidi sono proprio la reazione di un uomo che è convinto di poter possedere una donna, quando una donna agisce nella piena libertà di decisione di mettere fine a questa relazione lo trova insopportabile tenendosi radicato a delle cose che fino all'altro ieri erano scritte nelle nostre norme".

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