Andrea Volpe, una delle Bestie di Satana: «Avrei ucciso ancora, per me erano come oggetti. Non sarò mai in pace ed è giusto così»

3 settimane fa 5

Andrea Volpe, uno dei componenti delle Bestie di Satana, ha rilasciato un'intervista a Repubblica. A 48 anni, il membro del gruppo satanista che si è macchiato di crimini efferati sconvolgendo l’opinione pubblica italiana e internazionale, ha scoperto cos'è l'amore e si mostra più consapevole dei crimini commessi. Ecco cosa ha raccontato.

Bestie di Satana, Mario Maccione apre uno "sportello di ascolto". La rabbia dei familiari delle vittime: «Lucra sul nostro dolore»

L'intervista 

I delitti delle Bestie di Satana sono stati descritti come alcuni tra i più terribili mai avvenuti in Italia, attirando attenzione anche all’estero per la loro brutalità e per il contesto di devianza e oscurità in cui si sono consumati.

Andrea Volpe, dopo aver scontato 16 dei 20 anni a cui era stato condannato nel 2007 dalla Corte d'Appello di Milano, è stato scarcerato il 14 marzo 2020. Ora ha 48 anni e sta per uscire un libro in cui racconta la sua storia, mentre in questo periodo deve affrontare l’imminente morte per Aids di Sebastian, suo marito.

«Mi sto preparando, so che non manca molto - racconta a Repubblica -, che potrebbe succedere ogni giorno. Me lo ripetono i terapeuti, continuo a dirmelo tutte le volte che esco di casa. È grazie a lui che sto capendo finalmente cosa vuol dire perdere la persona che ami. Il dolore che hanno provato quelle a cui le ho tolte io. Prima di Sebastian io non sapevo cosa fosse l’amore».

Il libro si apre proprio con il racconto di quel periodo con le Bestie di Satana, con oltre 100 interviste raccolte dall'autore. Volpe è pronto a tutte le polemiche.

«Cominciare a parlare, a raccontare, è stato un enorme sospiro di sollievo», spiega. «Ora so che questo libro mi porterà i riflettori addosso, e qualche polemica. È inevitabile.

Lo accetto. Sono pronto. Mi sono liberato di tutto, a poco a poco, come non avevo fatto nei processi, negli interrogatori, ovviamente in carcere – dove stavo in isolamento».

«Ma questo non mi toglie un grammo di responsabilità. Non c’è causa ed effetto. Potevo fare altre scelte, in ogni momento. E non le ho fatte».

Il peso delle morti (arrivato tardi)

Andrea Volpe confessa che per lui, all'epoca, «Fabio e Chiara erano come oggetti. [...] Non mi fregava nulla di averli ammazzati».

Tuttavia, una morte in particolare lo ha segnato. «Per Mariangela era diverso», sospira Volpe, ricordando l'ex-ragazza assassinata dalle Bestie, «il pensiero va a lei ogni giorno. Per nove anni avevamo vissuto un attaccamento malato e lei di me, di noi, sapeva tutto. Non la sentivo come una minaccia, ma c’era questa ossessione: dalle Bestie non ci si poteva allontanare. Io stesso vivevo in attesa che gli altri venissero ad ammazzarmi. Ed ero disposto ad affrontarli, pur di uscire da quella situazione. Li ho aspettati di notte, col fucile in mano, settimane intere. Finché una notte me lo sono puntato contro. Per stanchezza. Non ce la facevo più».

La morte di Mariangela, almeno, è stata utile a far terminare la spirale di omicidi: Volpe e Ballarin vengono infatti arrestati infatti poco dopo.

«Ma se non mi avessero preso» ammette «io avrei continuato a uccidere. Dico di più: se non avessi incontrato le Bestie e gli altri, avrei ucciso comunque. Non ho dubbi. Mai però i miei genitori, nonostante tutto quello che ho patito da piccolo. Loro non sono mai stati un mio bersaglio». «Avere una famiglia è stata sempre una cosa troppo importante. Senza, un uomo non è più un uomo. E oggi che ho la mia, e sto per perderla, lo so ancora meglio».

La ricerca di una «vita normalissima»

Poi alcuni incontri speciali: quello con il marito, ad esempio, e quello con la terapia.

«In carcere mi sono detto che non potevo uscire peggio di com’ero entrato. Tanto valeva cominciare a costruire qualcosa. [...] Il mio è stato un lungo processo di consapevolezza. E poi è arrivato Sebastian. L’amore. Che da qualche parte doveva esserci. L’ho trovato in un luogo di sofferenza. E con una persona con cui non avrei mai immaginato. Il mio primo uomo».

E poi «la psicoterapia è quello che oggi considero casa mia. Non un luogo, non quattro mura. Sono le persone che per la prima volta si sono davvero interessate a me, a chi sono, a cosa ho sofferto. Non solo ai satanisti o a cosa ho fatto. Oggi, nonostante la malattia di Sebastian, riesco ad immaginare un futuro, magari all’estero». 

E con le Bestie? Non può cancellare il passato. «Non potrei farlo. Non per i riti, il diavolo, o i tatuaggi, che ho deciso di non togliere proprio perché sarebbe ingiusto cancellare. Eravamo quattro scavazzati, altro che 666 e tutto il resto. Mi fa ridere oggi quella roba. Eravamo scemi che tragicamente hanno ucciso, ed è una cosa troppo grande, che non puoi rimuovere. Sarebbe pericolosissimo. Potrei ricaderci. Il riscatto è un percorso, la possibilità te la devi guadagnare, non puoi cedere. Ho un traguardo davanti: una vita normalissima». Nonostante «per quello che ho fatto, in pace non sarò mai. Ed è giusto così».

Leggi tutto