"Crimini di guerra a Gaza". L'Aia vuole arrestare Bibi

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La Corte penale emette un mandato di cattura per Netanyahu e Gallant. Il premier: "Decisione antisemita, nuovo caso Dreyfus"

"Crimini di guerra a Gaza". L'Aia vuole arrestare Bibi

Sono accusati, sulla base di «fondati motivi», di aver «usato la fame come arma di conflitto» e di «aver intenzionalmente ordinato un attacco contro la popolazione civile» a Gaza. Si tratta di crimini di guerra. Sono accusati anche di «omicidio, persecuzione e altri atti disumani», che rientrano nella fattispecie dei crimini contro l'umanità. Con queste motivazioni, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant, da ieri sono ricercati e potrebbero essere arrestati in uno dei 124 Paesi (tra cui l'Italia) che aderiscono allo Statuto di Roma per le decisioni prese nella guerra ancora in corso nella Striscia. La Corte non ha mezzi di polizia propri e si affida infatti agli Stati membri, in teoria tenuti a far scattare le manette se gli accusati si recano sul loro territorio.

I mandati di arresto sono stati spiccati dai giudici della Corte dell'Aia non solo contro i due leader israeliani (Gallant da due settimane è un ex membro del governo, cacciato da Netanyahu per «incomprensioni»), ma un altro mandato è destinato anche al capo dell'ala militare di Hamas, le Brigate Qassam, Mohammed Deif (vero nome Mohammed Diab Ibrahim al-Masri), accusato delle barbarie del progrom del 7 ottobre. Deif, in realtà, è stato dichiarato morto da Israele a luglio, ma i palestinesi non hanno mai confermato il decesso e la Corte ha dichiarato di non essere «riuscita a stabilire se sia morto o ancora vivo». Decaduti invece gli ordini di cattura destinati agli altri due leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, la cui fine è certa.

La Cpi mette dunque sullo stesso piano Netanyahu e il leader del Cremlino Vladimir Putin, anche lui raggiunto da un mandato di arresto nel luglio 2023 per la guerra in Ucraina, nonostante neanche Mosca aderisca allo Statuto di Roma. L'annuncio dei mandati di arresto è uno schiaffo ai vertici del governo israeliano, seppur atteso e preannunciato dalla richiesta avanzata sei mesi fa alla Corte dal procuratore capo Karim Khan. Scatena l'indignazione unanime delle istituzioni dello Stato ebraico, pronto al ricorso, e del più stretto alleato, gli Stati Uniti, che ne contestano la giurisdizione. Feroce il commento di Netanyahu. Il premier attacca la Corte, «organismo politico di parte e discriminatorio», e il procuratore Khan, sotto indagine per molestie contro una dipendente della Cpi. Per «Bibi» la decisione è stata presa «da un procuratore capo corrotto» e «da giudici di parte mossi da odio antisemita». L'azione della Corte «è l'equivalente al processo Dreyfus e finirà così» conclude il leader israeliano riferendosi alla condanna dell'ufficiale Alfred Dreyfus, un colossale errore giudiziario avvenuto in Francia in un contesto di antisemitismo imperante a fine '800.

Sconcertato il capo dello Stato, Isaac Herzog, secondo cui la Cpi ha «scelto la parte del terrore e del male rispetto alla democrazia e alla libertà, e trasformato il sistema giudiziario in uno scudo umano per i crimini di Hamas contro l'umanità». La sua decisione, secondo il presidente israeliano, «ignora l'uso cinico che Hamas fa del suo stesso popolo come scudo umano. Ignora che Israele è stato barbaramente attaccato e ha il dovere e il diritto di difendere il suo popolo. Ignora che Israele è una democrazia vibrante, che agisce secondo il diritto umanitario internazionale e che fa di tutto per provvedere alle esigenze umanitarie della popolazione civile».

Stesso refrain per l'ex ministro Gallant, che definisce la decisione «un precedente pericoloso» che «pone sullo stesso piano lo Stato d'Israele e i leader assassini di Hamas e legittima così l'assassinio di bambini, lo stupro di donne e il rapimento di anziani dai loro letti». Il ministro degli Esteri Gideon Saar accusa la Corte di «aver perso ogni legittimità». Incendiaria la dichiarazione del ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, di estrema destra, anche lui convinto che la Corte sia mossa da antisemitismo: «In risposta ai mandati di arresto, Israele dovrebbe annettere la Cisgiordania», tuona feroce.

Soddisfatta l'Autorità palestinese, convinta che la scelta della Cpi ripristini «la speranza e la fiducia non solo nel

diritto e nelle istituzioni internazionali, ma anche nell'importanza della giustizia, della responsabilità e del perseguimento dei criminali di guerra, in un momento in cui il popolo palestinese è ancora soggetto a genocidio».

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