Crosetto e l'acquisto di nuovi F35: programma di riarmo o strategia comunitaria? Cosa c'è dietro la mossa del ministro della Difesa

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Venticinque nuovi F35 rimpingueranno la flotta militare del nostro Paese, «portando il totale degli assetti italiani a 115 unità». Lo ha annunciato stamane il ministro della Difesa Guido Crosetto nella sua relazione in commissione Esteri alla Camera. L'acquisizione dei caccia multiruolo si inserisce in realtà nell'ottica «di crescita e stimolo della competitività industriale» descritta all'interno del Documento programmatico pluriennale 2024-2026 che, alla voce sviluppo strumento militare, include tra gli investimenti prossimi - oltre a 24 nuovi Eurofighter F-2000A - anche, appunto, i venticinque F-35 Joint Strike Fighter.

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L'annuncio di Crosetto dei nuovi venticinque F-35 andrebbe quindi inserito in un più ampio tentativo di mantenere alta la competitività industriale del nostro Paese, anche dal punto di vista militare. Non avrebbe dunque nulla a che fare, almeno apparentemente, con l'elezione negli Stati Uniti di Donald Trump, che pure promette un maggiore disimpegno militare degli Usa. Certo è che, da tempo, l'Italia e l'Europa sanno di dover far di più sul fronte degli armamenti. 

Non è un caso che nella prossima Manovra saranno previsti per il dicastero della Difesa di Crosetto, nonostante la coperta cortissima, 2,5 miliardi di euro in più di investimenti dal 2025 in poi, per un totale di 34 miliardi di euro da qui al 2039. L'obiettivo, fisso all'orizzonte, è portare le spese per il comparto al 2% come richiede la Nato, che adesso intima agli Stati membri uno sforzo ancora maggiore. Il nuovo segretario generale Mark Rutte dal summit della Comunità Politica Europea in corso a Budapest ha infatti sottolineato che i Paesi dovranno spendere «molto più del 2% del Pil» nella Difesa.

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Difficile però, stavolta, "scollegare" le parole dell'olandese dal contesto in cui sono state pronunciate, quello di un mondo risvegliatosi con Trump alla Casa Bianca, lo stesso Trump che in passato aveva già minacciato di abbandonare il Patto Atlantico se gli Stati Membri non si fossero allineati a livello di spesa. In questo senso, il potenziamento della flotta italiana con i nuovi F-35 prenderebbe tutta altra sfumatura.

Anche se, precisa Rutte forse proprio per fugare simili congetture, servirà prima «un dibattito» per decidere se il superamento del 2% del Pil dedicato alla spesa militare dovrà essere «un obiettivo generale» oppure se bisognerà lavorare su «obiettivi di capacità per ciascuno degli alleati» e quindi stabilire «percentuali diverse Paese per Paese».

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Certo che, anche con il tycoon alla Casa Bianca, l'obiettivo principale della Nato non cambia: arginare la Russia. E, con lei, i suoi alleati di Cina e Nord Corea, entrambe minacce pure per gli Usa. Gli F-35 acquisiti dall'Italia, ragiona qualcuno, sono proprio i caccia richiesti dall'Ucraina per fare la differenza sul campo di battaglia, specie in un momento particolarmente difficile per Kiev e favorevole per Mosca. Solo una coincidenza?

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