Continuano i lavori della commissione bicamerale d’inchiesta sui casi di scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Convocato per giovedì prossimo Domenico Giani, ex capo della gendarmeria Vaticana.
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Non si arrestano i lavori della commissione bicamerale d'inchiesta per i casi di scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Continuano le convocazioni che, già da qualche tempo, sono aperte anche a personalità legate al mondo della Santa Sede. Dopo la convocazione di padre Miserachs, maestro di Emanuela Orlandi di canto corale, l'ultima lezione frequentata dalla ragazzina, all'Accademia di Musica Tommaso Ludovico da Victoria, giovedì è la volta di un'altra figura importante per il Vaticano. Si tratta di Domenico Giani, l'ex capo della gendarmeria vaticana, il corpo di vigilanza e intelligence della Santa Sede.
Da chiarire il ruolo che può aver ricoperto nella cosiddetta "trattativa fra Stato e Chiesa" per la tomba in Sant'Apollinare di Enrico De Pedis e da valutare anche i suoi sospetti sulle presunte piste. Nell'ultimo periodo fra le più accreditate, anche secondo il fratello Pietro Orlandi, c'è quella che vedrebbe Emanuela trasferita a Londra, con un passaporto falso.
Chi è Domenico Giani, l'ex capo della gendarmeria vaticana
"Mi aspetto che presto siano ascoltati Giancarlo Capaldo, Domenico Giani e Francesca Chaouqui: secondo me porterebbero elementi utili al caso", aveva dichiarato Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, una volta avviata la commissione bicamerale d'inchiesta. E in questi giorni, alla venticinquesima convocazione, attesa per il prossimo giovedì, la commissione bicamerale d'inchiesta riceverà proprio Domenico Giani.
C'è molta attesa per le sue dichiarazioni: non solo per la figura che ha rivestito in Vaticano dal 2006 al 2019, anche per il ruolo che sembra aver avuto in quella che è stata definita una "trattativa" con la Procura di Roma e la Santa Sede. È lo stesso Giani, inoltre, ad aver convocato padre Miserachs per interrogarlo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi nel 2012: "Non so se abbiano chiamato altre persone", ha sempre sottolineato il monsignore. Potrebbe essere lo stesso Giani a fare chiarezza su questo punto.
Cosa c'entrano Domenico Giani e Enrico De Pedis nella scomparsa di Emanuela Orlandi
Non soltanto un'inchiesta segreta, con la convocazione di alcune figure vicine alla quindicenne, sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, ma anche una trattativa con la Procura di Roma. A parlare di questo argomento, invece, è stato Giancarlo Capaldo più volte, anche nel corso del suo intervento davanti alla commissione bicamerale d'inchiesta lo scorso luglio. Per il pm, titolare del caso in passato, la scomparsa di Emanuela Orlandi sarebbe connessa strettamente a vicende legate alla vita di Enrico De Pedis, leader della Banda della Magliana. Secondo Capaldo, De Pedis non avrebbe agito per un ingaggio del gruppo criminale, ma spinto da motivi personali.
Se molte testimonianze portano ad un suo coinvolgimento, dalle dichiarazioni (che poi sono servite a riaprire le indagini) della ex Sabrina Minardi a quelle di Marco Accetti, forse il più famoso fra i mitomani entrati nella storia del caso fino a Vincenzo Pipino, al quale lo stesso Renatino avrebbe chiesto un passaporto falso per far partire la quindicenne per Londra, è ancora impossibile risalire alle cause. Ciò che è certo è che, anni dopo, alla sua morte, De Pedis è stato sepolto i Sant'Apollinare.
Domenico Giani e la "trattativa" fra Stato e Chiesa
Monsignor Morandini, morto nelle scorse settimane, ha definito la scomparsa di Emanuela Orlandi "una falla fra Stato e Chiesa". Eppure non sono mancati punti di incontro o, almeno, dei tentativi degli stessi.
Secondo quanto dichiarato da Capaldo, per trasferire i resti di De Pedis dalla basilica di Sant'Apollinare, era necessaria una "collaborazione complessiva con il Vaticano" che, invece, "non aveva risposto alle rogatorie precedenti". È proprio per la tomba e l'apertura della basilica di Sant'Apollinare che Giani si sarebbe messo in contatto con Capaldo, secondo quanto riferito dal pm. Oltre al capo della gendarmeria, avrebbe incontrato anche il suo vice, Costanzo Alessandrini: non si erano presentati spontaneamente, ma inviati da padre Georg Ganswein, allora segretario di Benedetto XVI, e dalla Segreteria di Stato. Oltre a loro tre, sarebbe stata presente a questo appuntamento anche Simona Maisto, contitolare dell'indagine all'epoca, morta nel 2022.
"Sono venuti in Procura, mi volevano manifestare le preoccupazioni del Vaticano che veniva presentato dalla stampa come ente poco collaborativo nella ricerca di Emanuela Orlandi – ricorda il pm – Forse per cercare di stemperare la situazione, Giani mi chiese, come se stesse facendo da tramite a padre Georg, di aprire la tomba di De Pedis perché il Vaticano riteneva importante che fosse aperta dalla procura di Roma".
La richiesta a Capaldo: "Dobbiamo controllare la tomba in Sant'Apollinare"
Insomma, secondo Capaldo la Santa Sede aveva chiesto di aprire la tomba alla Procura di Roma come se si trattasse di un vero e proprio un favore. "Volevano controllare se con la bara di De Pedis fosse sepolta anche la salma di Orlandi – ha aggiunto – Per me era un'ipotesi inverosimile visto che Orlandi era sparita nel giugno del 1983 e De Pedis è stato ucciso nel febbraio del 1990″.
Il racconto di Capaldo non sembra mancare di coerenza nel corso degli anni: l'esistenza dell'incontro, però, è sempre stata negata dalla Santa Sede. Ora spetta a Giani, convocato per il prossimo giovedì, condividere con i membri della commissione bicamerale di inchiesta quella che possiamo reputare la sua verità: fare luce in eventuali zone d'ombra e raccontare ciò che sa sul caso della ragazzina con la fascetta, scomparsa ormai più di 40 anni fa.