Proprio quest'anno ricorre l'anniversario, di cui pochi si ricordano, del ritorno di Trieste all'Italia (26 ottobre 1954)
Gaetano Martino (1900-1967) fu un caparbio filoatlantista, sin dai tempi dell'Assemblea costituente, ma pochi ricordano come anche all'interno del suo partito, quello liberale, ci fossero anime diverse.
Benedetto Croce, presidente del partito, nel 1947 aveva lasciato libertà di scelta ai suoi parlamentari riguardo all'autorizzazione, allora richiesta, per la ratifica del trattato di pace. «Da un lato c'erano Vittorio Emanuele Orlando e Francesco Saverio Nitti, che, memori della tradizione prefascista giudicavano particolarmente inique le clausole e decidevano di votare contro; dall'altra, Luigi Einaudi e la nuova generazione del Pli che proponeva di accettare il trattato per poi procedere con l'aiuto americano ad una possibile revisione». Martino era legato ad Orlando, ma fu impressionato dai ragionamenti di Einaudi e decise di non votare, di astenersi.
Ma come ricorda bene la biografia dal titolo Gaetano Martino (Rubbettino, 2011) scritta da Marcello Saija e Angela Villani, i due uomini politici, Martino e De Gasperi, lavorarono a lungo e sottotraccia per risolvere la questione giuliana, proprio grazie ai buoni rapporti con gli Stati Uniti.
Proprio quest'anno ricorre l'anniversario, di cui pochi si ricordano, del ritorno di Trieste all'Italia (26 ottobre 1954). La moglie di Martino ricorda: «Nel periodo in cui fu vicepresidente della Camera, e anche successivamente più volte, mio marito mi riferì di colloqui con De Gasperi in merito alla questione di Trieste. Entrambi si trovavano d'accordo sulla necessità che la città tornasse all'Italia. Ritenevano però che una volta assicurata Trieste all'Italia un metro in più o un metro in meno di territorio nella demarcazione tra zona A e zona B fosse assolutamente secondario rispetto all'obiettivo di raggiungere un compromesso con Tito. La partita principale - diceva mio marito - era quella di guadagnare definitivamente Tito all'Occidente allontanandolo quanto più possibile dai sovietici». Come si legge nella prefazione del libro, «due dei primissimi risultati che concretamente caratterizzarono il fecondo operare da ministro degli Esteri furono il ritorno di Trieste alla madrepatria e l'ammissione dell'Italia alle Nazioni Unite, dopo un'anticamera durata ingiustamente dieci anni».
Il ritorno dell'Italia nel
grande consesso internazionale e il recupero di Trieste alla bandiera tricolore furono un grande merito della diplomazia e del filoatlantismo di Gaetano Martino, che, a settanta anni da questi successi, conviene ricordare.