Edoardo Cosenza - assessore alle Infrastrutture - curvaiolo doc, ultras e supertifoso del Napoli. Insomma, la maglia azzurra e lo stadio di Fuorigrotta cosa sono per lei?
«Vado allo stadio da quando ero bambino con il mio papà, quando i ragazzi non pagavano il biglietto. Ho visto Sivori e Altafini, il Napoli di Vinicio, gli anni di Maradona quelli del tracollo. Il mio posto da più di 40 anni è nella Curva B proprio sopra gli “Ultras 72”, ho l’abbonamento e quello stadio per me rappresenta la grande passione per la squadra della mia città».
La sensazione è che quando la squadra vince anche la città è più allegra: stanno così le cose?
«Napoli affronta le giornate con più ottimismo quando il Napoli vince. Poi il successo dello scudetto ha portato anche tanto turismo, le vittorie degli azzurri sono una iniezione di entusiasmo, poi noi siamo napoletani e dunque un po’ umorali».
È in atto una sorta di revisionismo storico-calcistico: la grande bellezza di Spalletti che ha portato il tricolore e quella di Sarri molto sfortunata sembrano quasi rinnegate. Come la vede?
«Il gioco di Sarri mi ha entusiasmato, ma non abbiamo vinto, ci siamo riusciti solo con Spalletti. Prima ci ha pensato Maradona ma quella era un’altra storia. Io oggi non mi lamento, ho sensazioni diverse da quelle vissute negli ultimi anni. Certo, c’è chi ama più l’estetica che il risultato. A me questo Napoli piace non è che avere il 70% di possesso palla garantisce la vittoria e questo lo sa anche chi storce il naso quando si vince 1-0».
Insomma il processo di “juventinizzazione” del Napoli non la disturba?
«Bisogna sprovincializzarsi: prima a roderci il fegato eravamo noi quando perdevamo 1-0, ora se lo rodono altri. Oggi abbiamo uno come Conte, un grande organizzatore che viene dalla Juve dove hanno un centro sportivo, quello di Vinovo, che sembra l’università del calcio. Una cosa favolosa magari andassimo in quella direzione, ma questo lo decide la Società. Abbiamo la fortuna di avere un allenatore di grande esperienza che porta il contributo delle sue conoscenze e tra queste l’organizzazione. E va detto che De Laurentiis in questi 20 anni è stato bravo nella gestione. Quindi più che di “juventinizzazione” direi che stiamo andando verso modelli di gestione molto organizzati il che è un bene».
A proposito, perché il Comune non apre il Maradona attese le richieste dei turisti che vorrebbero farsi le foto nell’impianto di Fuorigrotta?
«Io ho visto stadi spagnoli, americani ed europei dove queste cose si fanno però li ci sono dei percorsi con musei, store, ristoranti e si fa business. Detto questo magari ci mettiamo d’accordo con il Napoli per un paio di volte alla settimana».
A proposito con il patron De Laurentiis a che punto stanno le trattative per rifare il Maradona?
«Stiamo aspettando il progetto tecnico e finanziario, mi risulta che la Società stia lavorando. Appena arriva noi siamo pronti come per il Palazzetto dello sport al Centro direzionale dove a breve metteremo a posto la parte urbanistica».
Lei ci crede nel quarto scudetto?
«Conte ha detto fin dall’inizio che l’obiettivo è entrare tra le prime quattro in classifica. Però arrivati a questo punto siamo primi e non vedo squadre migliori della nostra. Certo ci sono Inter e Juve, ma con la robustezza della squadra e la saggezza di Conte si può sognare. Amici miei torinesi dicono che quando prende la vetta non la molla più e con il Milan abbiamo giocato bene. Siamo una squadra solida e motivata. E l’allenatore è un grande motivatore, l’ho visto all’opera».
Ovvero?
«Quando il Napoli ha fatto le foto nella stazione della Linea 6, abbiamo percepito subito che sono una grande famiglia con alla loro testa un grande motivatore: Conte. Una cosa bellissima, si vede che sono anche amici, si sono divertiti molto quel giorno sotto lo sguardo del loro silenzioso leader, l’allenatore».
Perché lei è un ultrà?
«Perché il nostro coro ha un refrain che richiama il film “Parthenope” di Sorrentino, anche il nostro coro molto più antico: “Il Napoli è della gente”. Proprio come Napoli le due cose sono inscindibili. La nostra Curva è uno spaccato della nostra città»