Inizierà a gennaio il processo d’appello per Alessia Pifferi, condannata all’ergastolo per l’omicidio della figlia

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Il 29 gennaio 2025 si aprirà il processo d’appello per Alessia Pifferi. La 39enne è stata condannata in primo grado all’ergastolo per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia di 18 mesi.

Alessia Pifferi con la sua legale Alessia Pontenani

Alessia Pifferi con la sua legale Alessia Pontenani

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Si aprirà il prossimo 29 gennaio davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Milano il processo di secondo grado a carico di Alessia Pifferi. La 39enne è stata condannata lo scorso 13 maggio all'ergastolo per l'omicidio volontario pluriaggravato della figlia di 18 mesi, che la donna avrebbe lasciato morire di stenti a luglio del 2022 abbandonandola per sei giorni in casa da sola. L'avvocata Alessia Pontenani, che difende Pifferi, ha chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado e che la sua assistita venga sottoposta a una seconda perizia psichiatrica che ne valuti il possibile ritardo cognitivo.

Stando a quanto ricostruito dalle indagini, Pifferi aveva lasciato sola la figlia di 18 mesi nel suo appartamento di via Parea, in zona Ponte Lambro a Milano. Era il 14 luglio 2022 e la piccola rimase sola per sei giorni, mentre la madre trascorreva il tempo a casa del compagno nella Bergamasca.

La perizia psichiatrica eseguita da Elvezio Pirfo aveva stabilito come Pifferi avesse agito con piena "capacità di intendere e di volere", mentre la difesa ha sempre sostenuto che la donna possa essere affetta da da un "grave deficit cognitivo". A sostegno di ciò erano stati prodotti documenti da psicologhe del carcere che avevano avuto colloqui con Pifferi, ma sono finite indagate per falso e favoreggiamento dal pm Francesco De Tommasi, insieme ad altri relativi al periodo scolastico dell'imputata.

Secondo l'avvocata Pontenani, Pifferi "non voleva uccidere la bambina". L'ha lasciata sola per diversi giorni, ma per la difesa la donna "non era consapevole del rischio" che stava facendo correre alla figlia. Per l'accusa, invece, la 39enne avrebbe agito per un "futile ed egoistico movente", ovvero "regalarsi un proprio spazio di autonomia" venendo meno "al prioritario dovere di accudire la figlia".

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