Intelligenza artificiale, scuola rimandata

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In una scuola del Massachusetts, uno studente è ricorso all'Ia per un compito: ha ricevuto un voto negativo e una nota sul curriculum

Intelligenza artificiale, scuola rimandata

Scuola e intelligenza artificiale, due mondi che ancora faticano a parlarsi. L'ultima vicenda arriva dal Massachusetts, dove uno studente delle scuole superiori è stato colto a usare l'Ia per scrivere un saggio di storia: l'insegnante, accortosi di uno stile di scrittura insolito per il ragazzo, ha approfondito l'origine del testo, individuando poi la presenza di un «assistente» tecnologico. La scuola l'ha punito con un voto negativo e con una nota sul suo curriculum scolastico. La famiglia del ragazzo, di contro, ha fatto causa alla scuola: punizione troppo severa, dicono, «che non permetterà a nostro figlio di entrare nelle migliori università del Paese». Non solo, sostengono i genitori: il regolamento scolastico non vieta l'utilizzo dell'Ia.

Qui si aprono diverse strade da approfondire. Primo: in questa vicenda quello che manca è il buonsenso. Da parte della famiglia e da parte della scuola. Quale insegnamento possono dare i genitori al proprio figlio, avallando e giustificando l'utilizzo di una scorciatoia? Nella forma, il ragazzo può anche non aver commesso alcun illecito scolastico, ma la sostanza appare ben differente: se si può barare oggi, perché non farlo anche domani? Non un bell'insegnamento, insomma.

D'altro canto anche la scuola non può sentirsi immune da colpe: si punisce quello che, fuori dalle mura scolastiche, è la normalità. Mentre il mondo diventa iper digitale e iper connesso, l'istruzione rischia di restare all'età delle incisioni rupestri. Una cosa deve essere chiara: carta e penna non possono più avere l'esclusiva dell'apprendimento. La questione non è se l'intelligenza artificiale debba entrare o meno nelle scuole, ma come farlo senza che venga sgretolato il percorso di apprendimento di ogni studente. La calcolatrice può dirci in un istante quanto fa 6x7. L'importante è sapere perché 6 per 7 fa 42.

Tutto sta nel definire ciò che è lecito da quello che non lo è. L'Ia non può diventare il surrogato della nostra intelligenza, semmai uno strumento con cui accompagnarla e implementarla. Più co-pilota che comandante in capo delle nostre azioni.

Per tornare all'esempio precedente: la calcolatrice è entrata da decenni nelle scuole, eppure ancora tutti i bambini delle scuole primarie sanno spiegare il concetto che sottostà a una moltiplicazione.

Attorno all'avvento dell'Ia circolano ancora più domande che risposte: farci trovare impreparati è il modo peggiore per affrontare il cambiamento. Anche a scuola. Ne va delle generazioni future.

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