Il ristorante giapponese di Casa Brera è una nuova destinazione per gli amanti della cucina nipponica. Ha la consulenza del grande Haruo Ichikawa e oltre alla proposta tradizionale, prevede anche il bancone dove affidarsi allo chef. In questo caso Shizukuishi, che con la sua bravura e la sua simpatia trasforma la serata in un momento indimenticabile
Dell’hotel Casa Brera in piazzetta Bossi a Milano vi ho già parlato a proposito del suo ristorante classico Scena, che si avvale della consulenza di Andrea Berton. Oggi vi parlo invece del secondo ristorante ma non in ordine di importanza, il giapponese Odachi, che vanta un’altra firma eccellente, quella di chef Haruo Ichikawa - celebre per aver promosso e fatto conoscere la cultura gastronomica giapponese in Italia e il primo chef giapponese stellato in Italia da Iyo -, e che in un ambiente raffinato e rarefatto propone una delle migliori cucine giapponesi di una città come Milano che è certamente la più ricca di proposte di alto livello.
Odachi, nome che si riferisce a una lunga spada giapponese, propone un menu classico giapponese che si articola in starter, sushi e sahimi, nigiri, tempura, zuppe, alcuni piatti di riso e di noodles e dal grill. Io però consiglio di sfidare il bancone dove troneggia il folletto Mario Jim Shizukuishi, da molti anni in Italia, per provare il percorso omakase, che come sa chi mi legge spesso vuol dire “fai tu”, concedendo allo chef la libertà di esprimersi in diretta e senza filtri. E infatti io ho mangiato issato sul bancone parlando incessantemente con il bravo e spassoso Mario Jim, che di Ichikawa è l’allievo. L’omakase è in due formati: cinque portate a 120 euro e sette a 170. Io ho scelto quest’ultimo e mi sono visto portare alcuni snack iniziali (tra i quali il Toro kakuni, una ventresca di tonno stufata in salsa di soia e zenzero, una Crocchetta di maiale con salsa giapponese), poi una Wagyu salad, un involtino di carne con all’interno un gambero, salsa sunomonu a base di aceto, uova di salmone marinato con soia e scorza di yuzu, e un’alga. Poi un Tamago fritto con panko e del fungo shiitake, quindi un Sashimi misto con Abalone con salsa di fegato, tonno chintoro (una parte tra filetto e ventresca), toro con caviale, sgombro marinato, triglia scottata con miso seccato, salmone marinato con miso, rombo tagliato sottilissimo e marinato con kombu. Una vera goduria.
Poi lo chef sfida uno street food giapponese, il Takoyaki tipico di Osaka, una polpettina di polo in questo caso aperta con alla base crema di patate con yuzu kosho, peperoncino grattugiato aromatizzato con la buccia di yuzu, scaglie di pesce essiccato, katsuobushi e maionese della casa. Complesso e pop al contempo. Quindi una portata di noodles, il Goma Men, un soba con grano saraceno e farina di sesamo con brodo tsuyu, polvere di yuzu, gambero in tempura. Poi il Sushi, servito piattino per piattino, boccone per boccone: capasanta di Hokkaido, chitoro marinato, scampi con limone e caviale, alice leggermente marinata con shiso e zenzero, salmone marinato nella soia. Per dolce una Ganache al cioccolato, con spuma di caramello al miso e crumble al sesamo.
La carta dei vini è ovviamente all’altezza, ma c’è anche un’ampia carta di cocktail divisa in capitoli tematici che variano stagionalmente, esplorando temi come la natura e il culto shintoista.
Odachi vanta anche una collezione di gin, whisky, sake, tè giapponesi e distillati che permette pairing anche molto arditi. Il servizio nel mio caso è stato affidato al bravo Julio, che ha reso, con la compagnia di Mario Jim, la mia serata davvero piacevole. Odachi è aperto dal giovedì al sabato solo la sera.