Il rischio nucleare è alto ma non è aumentato con la nuova dottrina e con le dichiarazioni di Putin. “Il Cremlino è impegnato in una PsyOp”, dice a Fanpage.it l’esperto di armamenti Alberque. L’ex consigliere militare dell’Ucraina Rice: “Se pensassero davvero di usare le atomiche sarebbero molto ingenui”. E per convincere Mosca a un vero negoziato “servono risposte ferme e sostegno a Kiev”.
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Anche se l’arma che ha colpito la fabbrica di Dnipro non è di quelle da fine del mondo, la dimostrazione è senza precedenti. Arriva subito dopo l’aggiornamento della dottrina nucleare della Russia. Mentre Vladimir Putin parla di guerra mondiale, affermando di esser pronto a tutto. Nervi saldi, però. Le parole dello zar non aumentano il rischio di un’apocalisse nucleare. E nemmeno la nuova dottrina, che ufficializza quella che Mosca di fatto aveva già ed elenca linee rosse dalla credibilità dubbia. A creare pericolo è piuttosto la prevalenza, nella élite russa e nei favori di Vladimir Putin, dei fautori delle atomiche. C’è la possibilità che le dimostrazioni di forza, come quella su Dnipro, scappino di mano. Proprio mentre la guerra entra nella sua fase più brutale e impellente. Un cocktail esplosivo, è il caso di dire. Cedere alle minacce non servirebbe a disinnescarlo.
Dottrine e propaganda
Il “Decreto 991” sulla deterrenza, firmato dal presidente russo mille giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, ha avuto risalto sui media ma non ha creato shock tra gli addetti ai lavori: “Resta nell’ambito della propaganda più che in quello militare”, dice a Fanpage.it William Alberque, a lungo direttore del Centro Nato per il controllo degli armamenti, la non-proliferazione e il disarmo. “Il documento avvicina la dottrina ufficiale a quella ufficiosa e reale, che ha sempre previsto l’utilizzo dell’arsenale nucleare ogni volta che Putin lo ritenga necessario”. In un certo senso “Il Cremlino è diventato più onesto riguardo alle sue vere posizioni”. Alberque, dopo trent’anni di carriera nella difesa e nella diplomazia per il controllo degli armamenti, è oggi un accademico dello Henry L. Stimson Center.
Il primo documento pubblico della Russia sull’uso dei suoi armamenti nucleari è del 2020. Indicava una soglia alta per premere il bottone. Il che ha ridotto l’effetto di ogni minaccia. La narrativa della coercizione nucleare impostata da Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina necessitava di un nuovo supporto. Ed ecco le 100 pagine della “Dottrina 2024”. Cruciale, l’eliminazione di un avverbio: il vecchio set di regole prevedeva che l’arsenale servisse “esclusivamente” per la deterrenza nucleare.
Nella versione aggiornata, niente più esclusività. Le atomiche si possono usare liberamente o quasi. Anche in caso di aggressioni a Paesi alleati, e si sottintende la Bielorussia. Dal “pericolo per l’esistenza stessa dello Stato”, la soglia scende alla “minaccia grave per la sovranità e/o l’integrità territoriale della Russia”. Formula ambigua e quanto mai intimidatoria. Con tutti i crismi delle PsyOp, le operazioni psicologiche della guerra ibrida.
Minacce incredibili
L'aggiunta di rilevanza più immediata, nella dottrina, è la minaccia di rappresaglia nucleare contro attacchi da Stati senza atomiche ma sostenuti da potenze nucleari. Il riferimento è a Ucraina e Paesi Nato. In sostanza, un avvertimento contro l'uso di missili ATACMS e Storm Shadow su obiettivi russi. Il “Decreto 991” conțiene poi una lista di quel che Putin vorrebbe l’Occidente non si azzardasse mai a fare. Paradossalmente, si tratta di cose che la Russia fa di continuo, esercitazioni militari a ridosso delle frontiere: dispiegamento di infrastrutture belliche in Paesi alleati, minaccia di colpire strutture causando danni ambientali, minaccia di embargo o blocco navale.
Il regime ha fatto riferimento alle sue capacità nucleari per oltre 230 volte, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, secondo il think tank Csis. Le linee rosse che la “dimensione nucleare” — così la chiamano a Mosca — avrebbe dovuto far rispettare sono state puntualmente attraversate, senza che le minacce si concretizzassero. Per i missili ATACMS e Storm Shadow, hanno ritardato le decisioni dei Paesi Nato. Ma niente di più. “È solo un tintinnar di sciabole, nessuno ormai crede alle intimidazioni russe”, commenta a Fanpage.it Daniel Rice, l’ufficiale americano che è stato consigliere speciale del capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhnyi, dal febbraio scorso passato a incarichi diplomatici.
Il Cremlino si è finora dimostrato inattendibile sulla volontà di sanzionare a colpi di megatoni il mancato rispetto dei divieti imposti. Ora, espandendo ufficialmente il ruolo delle armi nucleari oltre la sola deterrenza, “rischia di inviare segnali ancor meno credibili”, nota William Alberque. Ciò “può spingere Putin ad azioni per alzare la plausibilità delle sue minacce”. Infatti, su Dnipro è subito piovuto il missile Oreshnik, che in russo significa “nocciòlo”.
"Mosca non è in guerra con l’Occidente"
Ci saranno forse altre dimostrazioni clamorose. Ma resteranno con ogni probabilità convenzionali. “Menzionare l’opzione nucleare è molto naif, da parte russa”, secondo Rice. “Qualsiasi cosa preveda questa nuova dottrina e qualsiasi cosa dica Putin, Mosca non è in guerra con l’Occidente e gli Stati Uniti. È in guerra con l’Ucraina, a cui la Nato fornisce armi. Se fosse in guerra con gli Stati Uniti, distruggeremmo la flotta del Mar Nero e la maggior parte della forza aerea russa in dieci secondi”. Dan Rice — accademia di West Point, Purple Heart per una ferita in Iraq, esperto di leadership, e oggi presidente dell’Università Americana di Kyiv — non ha una grande opinione delle forze armate di Mosca. La maggior parte degli esperti militari sostiene che Washington possa distruggere gran parte delle piattaforme di lancio dei missili intercontinentali di Putin con un solo attacco convenzionale.
Fatto sta che in Ucraina è in corso un’escalation rapida, imprevedibile e molto pericolosa. È iniziata la scorsa estate con l’offensiva di Kyiv nella oblast di Kursk ed è proseguita con l’avanzata russa nel Donbass, costata migliaia di vite. Poi è intervenuto il contingente nordcoreano a supporto di Mosca. Washington ha risposto revocando i limiti sull’uso dei missili a lungo raggio. Infine, in successione: la nuova dottrina militare russa, i barrage di ATACMS e Storm Shadow, la controversa fornitura di mine antiuomo Usa all’Ucraina, il missile Oreshnik e le dichiarazioni di Putin sul “conflitto globale”.
Deterrenza e intimidazione
Nel frattempo, due consiglieri di Putin hanno pubblicato un libretto intitolato Dalla deterrenza all’intimidazione, trattando l’uso delle armi atomiche come se si parlasse del tempo o di che si prepara per cena. Entrambi hanno contribuito alla riscrittura della dottrina nucleare, con Sergey Karaganov come principale ispiratore. Putin ha elogiato pubblicamente le sue teorie apocalittiche al Valdai Club, la “Davos russa”. L’altro autore è Dmitry Trenin. Ex militare esperto di politica internazionale, solo cinque anni fa definiva il sistema Putin “un regime che si finge Stato”, una plutocrazia “fondata non su norme ma su convenzioni, come le associazioni criminali” (Russia, Polity, 2019). Oggi è più zarista dello zar, e propone un attacco nucleare preventivo “come monito per l’Occidente” (Russia in Foreign Affairs, 3 aprile 2024).
Il pamphlet dei due politologi di Putin minimizza l’idea di uccidere milioni di persone pur di dimostrare alla Nato che la Russia fa sul serio. La parte più inquietante, però, è il piano di sabotaggi, attentati e attacchi convenzionali contro l’Europa, descritta come il “male del mondo”. “Propaganda pura, Putin vuole solo dividere l’Alleanza Atlantica”, afferma William Alberque. Anche Abbas Gallyamov, ex speechwriter dello zar, è scettico: “Ha già tentato di tutto, non può più fare granché”, dichiara a Fanpage.it. “Putin spera che Trump gli sarà favorevole, non vuol fargli trovare troppi problemi sulla scrivania”.
Singolare, però, che il libro di Karaganov e Trenin proponga sabotaggi ai cavi dati sottomarini europei. E che un giorno dopo la sua pubblicazione il cavo subacqueo per telecomunicazioni tra Finlandia e Germania sia stato tranciato. Gli investigatori sospettano Mosca.
Come rimuovere la miccia
Tra le cause dell’escalation c’è anche il miraggio di un negoziato. Alcuni media ipotizzano un accordo strategico in merito tra Joe Biden e Donald Trump. Non citano fonti. I belligeranti puntano a presentarsi all’ipotetico tavolo delle trattative con la maggiore leva possibile, alimentando violenza e rischi di incidenti o decisioni irreversibili. Forse è pure inutile: il Cremlino esclude il congelamento del conflitto e insiste sui tutti i suoi obiettivi, rendendo improbabile un vero negoziato. Se è una strategia, non è inusitata, ma ricorda un bluff da poker.
Zelensky è più aperto. E disposto a non insistere sul ritorno immediato della Crimea. Un approccio pragmatico che potrebbe preludere alla rinuncia ad altri obiettivi, come l’ingresso immediato nella Nato e il perseguimento dei responsabili di crimini di guerra. Un accordo del genere richiederebbe garanzie di sicurezza, l’adesione all’Ue e il mantenimento di forze armate adeguate, come sottolinea Anton Shekhovtsov su EUObserver. Ma il Cremlino pretende la smilitarizzazione dell’Ucraina. E vuole anche influire sulla sua legislazione.
Secondo Dan Rice, per spingere i russi al compromesso e scongiurare un conflitto totale si dovrebbe usare la strategia del “tit for tat”, o “pan per focaccia”: un missile su obiettivi militari in Russia per ogni ordigno che colpisca l’Ucraina. Questo implica non solo continuare a sostenere Kyiv, ma aumentare quantità e qualità dei rifornimenti. È possibile con Trump alla Casa Bianca? “L’America sarà sempre al fianco dell’Ucraina, che combatte per la libertà,” risponde Rice. Tuttavia, serve anche l’Europa, “chiamata a contrastare la propaganda russa e a rispondere con fermezza”, senza concessioni dettate dalla paura. “Solo così si può portare Putin a più miti consigli e avvicinarsi alla pace,” conclude Rice. “Ve lo dice uno che è stato sul campo, e che per questo odia la guerra”.