«Resteremo saldamente al fianco dei nostri compagni russi fino al giorno della vittoria». Le parole del ministro degli Esteri della Corea del Nord, Choe son-Hui, figlia di un ex premier nordcoreano, non potrebbero essere più eloquenti riguardo alle «relazioni pericolose» che legano i due Paesi. In giugno, Putin e Kim Jong-un avevano firmato un patto strategico-militare. Ieri, a Mosca, perfino la scenografia ha rievocato la Guerra Fredda. Il capo della diplomazia russa, Sergej Lavrov, ha accolto l’omologa con un mazzo di rose alla stazione ferroviaria di Yaroslav e insieme hanno scoperto una targa in ricordo della visita del 1949 di Kim Il Sung, il capostipite della dinastia di dittatori nordcoreani. Choe son-Hui riconosce la «giusta lotta dell’esercito e del popolo della Russia in difesa dei diritti sovrani e degli interessi di sicurezza». Lavrov i legami «mai a un livello così alto». In un’intervista al turco Hürriyet aggiunge che Stati Uniti e Russia sono «vicinissimi allo scontro militare diretto». Nessuna conferma, né smentita, all’annuncio del Pentagono che circa 10 mila soldati nordcoreani sarebbero già in Russia, secondo indiscrezioni in 3 centri di addestramento, centinaia a Kursk, pronti a essere dispiegati in prima linea. Scelti i tre generali che li guideranno, i capi delle operazioni speciali, dell’Intelligence militare e della logistica - Kim Yong-bo, Ri Chang-ho e Sin Kum-cheol - fedelissimi di Kim.
LA PENISOLA
Muscolare la ministra di Pyongyang pure quando parla di penisola coreana. «Continueremo a rafforzare il nostro arsenale per essere pronti alla rappresaglia nucleare, la situazione potrebbe diventare esplosiva in qualsiasi momento perché Stati Uniti e Corea del Sud stanno lavorando a piani di attacchi nucleari». Giovedì la Corea del Nord ha pure testato un nuovo missile intercontinentale balistico, «il più forte al mondo», in grado di volare più in alto e più a lungo di qualsiasi altro. Sarebbe l’Hwasong-19 a combustibile solido, «il sistema d’arma perfetto». Ma gli esperti militari sono scettici, per le sue dimensioni: troppo grande, difficile da spostare e facile da colpire.
L’ANNUNCIO
La risposta americana al patto russo-nordcoreana non si fa attendere. Il Pentagono annuncia aiuti per 425 milioni di dollari a Kiev in missili Stinger, intercettori di difesa aerea, munizioni per il sistema mobile Himars, veicoli blindati e armi anti-carro. «Nuovi strumenti per affrontare le necessità urgenti». E con questo pacchetto salgono a 69 le spedizioni di forniture belliche dall’agosto 2021. A Kiev come a Mosca si aspetta il risultato del voto presidenziale. Donald Trump e Kamala Harris hanno visioni diverse, almeno sulla carta, circa la guerra. Trump e il suo vice, Vance, pensano a una pace che accolga molte istanze russe. Per la Harris, l’Occidente non può consentire allo Zar di vincere e passare al prossimo obiettivo. All’asse Mosca-Pyongyang risponde da Tokyo quello Bruxelles-Tokyo. L’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, lancia con il Ministro giapponese della Difesa, Gen Nakatani, una partnership per la Sicurezza e la difesa per bilanciare le sempre più intense esercitazioni militari congiunte russo-cinesi e la collaborazione militar-industriale tra Russia e Corea del Nord (la preoccupazione è che i russi forniscano preziosa assistenza tecnologica per i programmi nucleari di Kim). Sullo sfondo, l’ansia occidentale e angoscia ucraina per l’andamento del conflitto nel Donbass, la regione orientale del Paese in cui i russi sono all’attacco e nell’ultima settimana hanno strappato 200 km quadrati (400 in un mese). Per il New York Times, l’intelligence e lo stato maggiore americani avrebbero stabilito che la guerra è uscita dallo stallo. Gli ucraini stanno perdendo terreno e i russi avrebbero ripreso un terzo del territorio occupato nell’incursione a sorpresa dagli ucraini a Kursk. Il problema non sarebbe più avere le armi, ma gli uomini. I morti ucraini sarebbero 57mila, circa la metà di quelli russi (ma la Russia è 4 volte l’Ucraina). Inoltre, gli attacchi russi con i droni sarebbero passati da 350 in luglio a 750 ad agosto e 1500 a settembre. Si moltiplicano gli incontri a Kiev con delegazioni americane. E Kiev ringrazia gli Usa per avere investito 800 milioni di dollari nella produzione di droni ucraini, l’arma più efficace in mano alle forze di Zelensky.