Sempre più imprese manifatturiere del Mezzogiorno investono: ben 7 su 10 nel 2024, segnala l'Osservatorio Imprese Mezzogiorno di Srm, il Centro studi collegato a Intesa Sanpaolo e presieduto da Paolo Scudieri, in un approfondito report diffuso ieri. E anche se tra impennata delle materie prime, inflazione e costo del denaro il trend ha rallentato, come del resto accade ormai da tempo in tutta Italia e in Europa, la buona notizia è che non si è affatto interrotto. Da due anni, dopo cioè il balzo registrato nell'immediato post Covid, la tendenza a investire non si è dissolta, com'era sempre accaduto precedentemente, con il Sud che "tornava subito nei ranghi" riducendo il suo impatto alla metà dei valori espressi dal Nord. Nel 2024, spiega Srm, è vero che «grande attenzione è stata destinata dalle imprese agli investimenti di tipo tradizionale, su impianti, macchinari e strutture, ma nel Mezzogiorno un terzo delle imprese (33,9%) ha investito in innovazione e digitale contro il 27,7% in Italia». E non è tutto: «Seppur a ritmo più lento rispetto al boom dell'ultimo triennio, le imprese prevedono una crescita nei prossimi tre anni degli investimenti innovativi (Sostenibilità, digitale e nella ricerca): +3,9% rispetto al +3,7% medio nazionale».
Non era scontato, evidentemente. È la conferma di «un dinamismo delle imprese meridionali che si va consolidando, un fenomeno sconosciuto al passato e destinato con il Pnrr e la Zes unica a irrobustirsi a breve e medio termine, fermi restando i ritardi e le incognite che zavorrano ancora l'economia del Sud», dice Salvio Capasso, coordinatore del lavoro e responsabile del Servizio Territorio e Imprese di Srm.
Nel Mezzogiorno, rileva lo studio, la quota di imprese che ha realizzato investimenti nel corso dell'ultimo triennio raggiunge il 70% del totale (72% in Italia); fra queste, il 63% è costituito da imprese con fatturato inferiore ai 5 milioni di euro. «La percentuale di imprese investitrici risulta particolarmente elevata nel Mezzogiorno in settori tradizionali (alimentare e comparto moda) mentre, come detto, dal punto di vista dell'intensità degli investimenti, i risultati di quest'anno indicano un calo sensibile delle imprese che dedicano risorse importanti agli investimenti in misura superiore al 20% del fatturato. Una contrazione più intensa nel Mezzogiorno (la percentuale di imprese "fortemente investitrici" passa dal 56% al 7%) che nella media Italia (dal 46% al 13%). Cresce, viceversa, la quota di imprese "moderatamente" investitrici: tra chi ha investito, il 60% ha impiegato risorse pari a meno del 10% del fatturato».
Innovazione
Il calo degli investimenti "innovativi" sul totale degli investimenti realizzati, peraltro, è meno accentuato nel Mezzogiorno (oltre 10 punti percentuali in meno) che nel resto del Paese (calo di oltre 14 punti percentuali). «Dopo il "traino" fornito dal PNRR negli scorsi anni - spiega Srm - si registra un ritorno ad investimenti di tipo più tradizionale, di carattere meramente operativo. Le risorse impiegate in investimenti di tipo "innovativo" vengono indirizzate soprattutto verso la sostenibilità (ambito che assorbe quasi il 50% delle risorse dedicate agli investimenti innovativi sull'intero territorio nazionale). A seguire, gli investimenti in digitale (circa il 40%), mentre si riduce fortemente la quota dedicata ai "rapporti con il sistema della ricerca pubblico e privato", con meno del 10% del totale delle risorse dedicate a questo ambito nel Mezzogiorno (15% in Italia)». Un campanello d'allarme? No, una inevitabile conseguenza del pieno di investimenti realizzati grazie soprattutto alla spinta iniziale del Pnrr. «Non vuol dire insomma spiega Capasso - che sia in atto una sorta di ripiegamento del Sud ai livelli del recente passato. Tutt'altro». Il Rapporto documenta infatti che «la percentuale di imprese che intende incrementare gli investimenti "innovativi" di almeno il 15% nel prossimo triennio si riduce in modo netto su tutto il territorio nazionale, passando da circa 1/3 del totale nelle tre precedenti edizioni a una quota intorno al 10% di quest'anno». Nel triennio 2021-2023, non a caso, «la crescita media prevista degli investimenti innovativi è risultata sistematicamente superiore nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese (circa 2 punti percentuali in più)».
Il Pnrr
Quanto al Pnrr, il lavoro di Srm si allinea sostanzialmente ai dati emersi il giorno prima dall'aggiornamento congiunturale di Bankitalia sull'economia campana. «Guardando all'effettiva partecipazione delle imprese alle iniziative del PNRR già avviate, i risultati - nel solo 2024 - indicano un coinvolgimento effettivo e potenziale a vario titolo da parte del sistema produttivo quantificabile in circa il 35% delle imprese nel Mezzogiorno e 40% mediamente in Italia". Emerge la necessità di "riorientare le risorse disponibili dei fondi strutturali dell'attuale periodo di programmazione 2021-2027 verso interventi più immediati in grado di contenere i costi aziendali delle materie prime piuttosto che su interventi più strutturali indirizzati al risparmio energetico, che risultavano invece prevalenti nelle precedenti due edizioni del lavoro». Qualche perplessità invece sul livello di conoscenza della Zes unica Sud. «Nel 2023, la metà delle imprese del Sud e quasi il 40% a livello nazionale indicava un livello di conoscenza almeno sufficiente. Nell'edizione di quest'anno la percentuale scende al 13% nel Mezzogiorno e al 4% mediamente in Italia». È probabile che abbia pesato in queste risposte il ritardo con cui la Zes unica è partita effettivamente (la primavera scorsa) e dunque l'incertezza su quando e come programmare gli investimenti che, per fortuna, sono invece annunciati numerosi (i primi dati ufficiali arriveranno a breve). Non è un caso che si registri, infatti, nel 2024 un netto calo della quota di imprese già coinvolte o con aspettative di essere coinvolte, dal 44% dello scorso anno all'11% nel Mezzogiorno e dal 37% al 5% in Italia.