Viminale, caccia ai funzionari infedeli chiamati «i miei ragazzi». Stretta sugli accessi illegali

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Dietro la prudenza di facciata, «aspettiamo di leggere le carte», l’allerta che monta. Perché l’inchiesta della Dda di Milano sul mercato dei dossier apre uno scenario inquietante sulla sicurezza dello Sdi, la banca dati centrale del ministero dell’Interno da cui passa una mole impressionante di informazioni di tutte le forze dell’ordine, dalla Polizia alla Finanza, fino ai Servizi segreti.

Chi forniva le chiavi di accesso a Equalize, l’azienda appartenente al tandem Pazzali-Gallo? È quello che Matteo Piantedosi intende scoprire e in fretta. Ieri il ministro dell’Interno ha chiamato il capo della Polizia Vittorio Pisani. A cui ha chiesto di acquisire le carte dalla procura di Milano «per avviare verifiche su ipotizzati accessi abusivi alle banche dati del ministero dell'Interno o sull'utilizzo illecito delle stesse». Per il momento al Viminale prevale la pista di un gruppo di funzionari “infedeli” che da dentro aiutava l’ex superpoliziotto Gallo. Salteranno teste, questo è sicuro. Un poliziotto e un finanziere sono tra i sospettati.

Faro acceso sui funzionari addetti alla manutenzione dello Sdi, quelli che Gallo, in una conversazione intercettata, chiama «i miei ragazzi». Mentre le analisi forensi degli esperti di cybersicurezza che da giorni procedono al ministero portano per ora a mettere da parte la pista di un’esfiltrazione di dati con un virus. Il “Trojan” a cui fa riferimento nelle intercettazioni Samuele Calamucci, l’informatico che ha costruito la piattaforma dei dati di Equalize. «Forse erano solo millanterie al telefono», annotano in queste ore dal governo. Insomma al Viminale si resta per ora sulla prima pista. Poliziotti e finanzieri addetti alla manutenzione della banca dati che hanno aiutato Gallo e i suoi. «Purtroppo non è la prima volta», spiega chi segue da molto vicino il dossier. Per di più, è la tesi dei vertici del ministero, «se sei in grado di hackerare i sistemi non prendi il rischio di chiedere informazioni a funzionari infedeli». Dunque delle due l’una.

I DATI SEGRETI

Intanto sono scattate le indagini. E la commissione di specialisti istituita da Piantedosi già all’indomani del caso Striano, l’inchiesta della Procura di Perugia sugli accessi illegali alla Dna, sta lavorando alla definizione di «eventuali ulteriori misure e procedure a protezione delle strutture informatiche interforze». Da un lato l’inchiesta e il governo che corre ai ripari. Insieme alla preoccupazione che cresce per un caso simile a tanti altri, diverso però per entità e gravità di documenti messi sul mercato illegale dei dossier dalla società nel mirino dei magistrati. È il caso di alcuni documenti coperti dal segreto di Stato dell’Aisi, l’agenzia dei Servizi segreti per l’interno, forniti secondo gli inquirenti al duo Gallo-Pazzali da Vincenzo De Marzio, Sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri di stanza al Ros di Milano.

Dall’altro lato la stretta sugli accessi illegali alle banche dati a cui lavora il governo. Entro novembre, quando si riunirà un’ultima volta il tavolo ad hoc convocato a Palazzo Chigi da Alfredo Mantovano con i vertici di tutti gli apparati di sicurezza, dovrebbe prendere vita un nuovo regolamento per tutte le forze di sicurezza. Polizia e Carabinieri, Finanza e Servizi. Obiettivo: rafforzare il sistema degli alert sugli accessi abusivi. Oggi sono già tracciati all’interno delle singole amministrazioni, i controlli sono stati resi più severi dopo l’inchiesta sui dossier a Perugia. Evidentemente bisogna fare di più. Diverse le ipotesi al vaglio. Dalla previsione di password usa e getta come per l’otp bancario al divieto degli accessi da remoto.

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