Basta un cavillo per scarcerare il boss

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Il mafioso Corona era stato condannato a 15 anni. Ira del centrodestra: "Cosa dice l’Anm?"

Basta un cavillo per scarcerare il boss

Le porte girevoli che fanno litigare Guardasigilliemagistratura sono quelle del carcere di Opera, spalancate per mettere in libertà il boss mafioso Giuseppe Corona detenuto dal 2018 al 41 bis. Il «re delle scommesse» all’Ippodromo di Palermo, accusato di riciclaggio e intestazione fittizia e coinvolto probabilmente anche in alcuni traffici di droga, è considerato uno dei nuovi rampolli di Cosa nostra e cerniera fra diversimandamenti. Difeso daGiovanni La Bua e Antonio Turrisi, condannatoin secondo gradolo scorso 15marzo a 15 anni e due mesi (erano 19 in primo grado, lui si è sempre professato innocente)è stato scarceratoper decorrenza dei termini massimi custodia di cautelare. Tecnicamente il cavillo è la caduta di un’aggravante che ha ridotto il tetto massimo da 9 anni a 6. Certo, le motivazioni non sono arrivate, quindi non c’è stato il ricorso in Cassazione. Tra deposito delle impugnazioni, notifiche e trasferimenti dei fascicoli alla Suprema Corte, da notificare a tutte le parti, forse comunque non si sarebbe arrivati in tempo. «Certi processi sono troppolunghi,la corte d’Appello daanni è gravata da un pesantissimo carico di lavoro a organici ridotti, ed è sostanzialmente colpa di chi non ha preso provvedimenti», sibila un avvocato palermitanoche conosceil Palazzo digiustizia.

«Finché a uscire sono i migranti va bene,ma unmafiosi scaltro e pericoloso come Corona anche no», commenta un giudice siciliano che conosce bene la situazione della Corte d’Appello di Palermo, che al Giornale definisce «disastrosa» tanto che «chi ha potuto è scappato». Pochi giorni fa la stessa sorte era toccata a 11 boss vicini all’ex superlatitante Matteo Messina Denaro.

Un boss pericoloso a spasso - proprio mentre le indagini sulle stragi di mafia sfiorano alcuni magistrati in prima linea contro Cosa nostra - sono un pessimo biglietto da visita per la magistratura, che fino a ieri ha mostrato i denti all’esecutivo rispetto alle accuse mosse, sia al procuratore di Cassazione Marco Patarnello che in una mail all’Anm ha definito «pericolosa» Giorgia Meloni perché non è indagata, sia ai giudici che con «12 sentenze fotocopia» (come dice il Guardasigilli Carlo Nordio in aula alla Camera) hanno svuotato il Cpr di Gjader in Albania mettendo in imbarazzo il governo. Di buon mattino è il sottosegretario alla Giustizia Andrea Del Mastro a strigliarel’Anminvocando provvedimentiimmediati dal Csm e dallo stesso ministro: «Gli chiederò di fare chiarezza, bisogna accertare le responsabilità di questo fatto gravissimo che mette a repentaglio i risultati faticosamente raggiunti dallo Stato nella dura lotta contro la serpe mafiosa». I più scatenati sonoimeloniani («uno sfregioalle vittime di mafia») anche Forza Italia e la deputazione leghista in commissione Giustizialanciano strali controil sindacato delle toghe: «Auspichiamo che l’Anm, tra le sue tante dichiarazioni, trovi anche il tempo per fermarsi a riflettere ed evitare scandali del genere». Peraltro, come ricorda un pm, lo stesso tribunale di Palermo qualche giorno fa aveva liberato cinque tunisini con motivazioni simili al’Albania.

Tra errori e cavilli sono davvero tanti i boss importanti, dall’82enne Franco BonuraaMicheleMicalizzi, da GiuseppeDiGiovannia Gaetano Savoca,legato ai fratelli Graviano, a spasso per le vie di Palermo. Senza dimenticare Giovanni Lucchese, Claudio D’Amore e Giuseppe Caserta, usciti nel 2021 perché il giudice era già stato loro gip.

«Qualcosa sta avvenendo nel silenzio generale, la contestuale scarcerazione di boss al 41 bis peri quali ci sono voluti anni di indagini. È inaccettabile», dice Antonello Cracolici, presidente dell’Antimafia in Regione Sicilia.

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