Non sarà una proroga ma, tecnicamente parlando, una riapertura dei termini. Chi non lo ha fatto entro il 31 ottobre scorso, avrà tempo fino al 10 dicembre per aderire al concordato biennale preventivo, il “patto” con il Fisco che permette di fissare le tasse da pagare per i prossimi due anni versando una flat tax tra il 10 e il 15 per cento sulle maggiori somme dichiarate. Fino a giovedì scorso Maurizio Leo, il vice ministro dell’Economia e padre della misura, ha frenato qualsiasi ipotesi di proroga, per avere una base certa di incassi da utilizzare per rafforzare il taglio dell’Irpef previsto dalla manovra. Ora però, le cose sono cambiate e lo stesso Leo ha confermato che l’ipotesi della riapertura è sul tavolo. All’appuntamento del 31 ottobre, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate e del partner tecnologico Sogei, si sono presentati in molti, 522 mila contribuenti 402 mila dei quali fanno parte della platea dei 2,67 milioni di soggetti “Isa”, cioè quelli sottoposti alle pagelle fiscali.
L’adesione insomma, è stata leggermente superiore al 15 per cento. L’incasso dell’imposta sostitutiva è stimato in 1,3 miliardi di euro, Irap compresa. Di questi 1,3 miliardi, 425 milioni sono somme che fanno riferimento all’anno 2024. Gli altri 865 milioni al 2025. Ben 160 mila delle 402 mila Partite Iva soggette alle pagelle fiscali, avevano un voto inferiore a “8”. Altri 103 mila contribuenti hanno un voto tra “8” e “9”, mentre ben 140 mila già erano perfettamente in regola con gli indicatori di affidabilità fiscale avendo il massimo dei voti. Ma perché allora hanno aderito? Perché per loro il costo è decisamente limitato e c’è la possibilità di non vedersi tassati ulteriori ricavi utili che dovessero superare quelli preventivati dal Fisco nel patto biennale. Al concordato hanno risposto Partite Iva e professionisti da tutta Italia. Ma le adesioni sono state più alte al Nord. In Trentino la percentuale delle adesioni è stata attorno al 20 per cento. In Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, superiore alla media nazionale del 15 per cento.
Al concordato biennale è legato anche un “ravvedimento speciale”, una sanatoria a prezzi scontati per gli anni che vanno dal 2018 al 2022. È altamente probabile che tutti e 522 mila gli aderenti al concordato biennale, abbiano anche scelto di chiudere i conti degli ultimi cinque anni con il Fisco. In questo caso gli incassi della sanatoria saranno noti soltanto dopo il 15 marzo del prossimo anno, la data fissata per il pagamento del dovuto. Ma, secondo stime preliminari, l’incasso potrebbe oscillare tra i 2 e i 3 miliardi di euro. Adesso si aprirà la partita politica su come utilizzare gli incassi della misura voluta dal vice ministro Leo. Quest’ultimo ha da tempo ribadito la sua intenzione di destinare le risorse alla classe media, riducendo l’aliquota del secondo scaglione dell’Irpef dal 35 al 33 per cento. Su un aiuto al ceto medio spingono anche i commercialisti.
LA PROPOSTA
La proposta avanzata dal Consiglio nazionale è di portare il limite del secondo scaglione Irpef fino a 56 mila euro di reddito (dagli attuali 50 mila), con benefici massimi pari a 480 euro ed un costo complessivo stimato pari a 1,2 miliardi di euro. «La previsione di incasso di 1,3 miliardi dal concordato preventivo biennale può aprire diversi scenari di rimodulazione dell’Irpef per ridurre la pressione fiscale. Come Consiglio Nazionale, abbiamo più volte ipotizzato l’estensione del secondo scaglione di reddito per venire incontro al ceto medio, cioè ai contribuenti che dichiarano oltre 50 mila euro di reddito imponibile, che sono sempre stati esclusi fino ad ora da ogni intervento», ha spiegato il presidente nazionale della categoria Elbano de Nuccio.