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La perizia su Alessandro Impagnatiello, disposta dalla Corte di Assise di Milano, per valutare se fosse capace di intendere e di volere quando ha ucciso la sua compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese del loro bambino Thiago, ci restituisce la normalità del male. Ci aiuta soprattutto a destrutturare molte idee stereotipate che abbiamo nei confronti di chi commette un omicidio e più specificatamente di chi commette un femminicidio.
Non un soggetto affetto da patologia psichiatrica, colpito improvvisamente da un raptus, non un soggetto il cui stato di coscienza viene stravolto dall’uso di sostanze, non un individuo ai margini, ma un uomo come tanti, inserito nella società, funzionale nel contesto lavorativo, amicale e nei rapporti con i colleghi. Un uomo, un ragazzo che tutti potremmo definire come il classico "bravo ragazzo" che sceglie di uccidere la sua compagna per eliminare un problema, colei che minaccia la perfezione della sua immagine pubblica.
La perizia su Impagnatiello viene eseguita anche attraverso l’analisi del diario clinico del carcere, dal quale emergono una serie di elementi comportamentali già fortemente indicativi del suo funzionamento.
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Al primo colloquio, svolto il primo giugno, cioè pochi giorni dopo il femminicidio di Giulia Tramontano, Alessandro Impagnatiello non appare particolarmente turbato, né per quanto successo, né per la sua condizione detentiva. "Appare impassibile" si legge "L’unico momento di pianto è quando pensa alla madre e al fratello maggiore che soffriranno perché erano molto legati alla vittima". Solo a distanza di più di un mese di detenzione e di colloqui, Impagnatiello riferisce di percepire un profondo dolore, ma di essere anche incredulo per ciò che ha fatto.
Dall’analisi effettuata dai periti della Corte, Impagnatiello risulta un soggetto nel quale non vengono riscontrati problemi di natura psichica, ciò emerge, come detto, oltre che da un'assenza di storia clinica in tal senso, ossia necessità terapeutiche o ricoveri o trattamenti specialistici, anche dal suo funzionamento (sociale e professionale) nei vari settori della vita prima della detenzione. Ma anche dagli approfondimenti clinici posti in essere in ambito peritale, tanto che non vengono riscontrate in lui alterazioni del pensiero, quindi nessuna idea delirante che possa averlo indotto a uccidere Giulia Tramontano e il loro bambino. Il tutto viene confermato anche dalla valutazione effettuata tramite la somministrazione dei test.
Quello che emerge invece è la presenza di tratti narcisistici di personalità e psicopatici, la cui entità però non risulta essere patologica, cioè non va a incidere sulla capacità di intendere e di volere del soggetto, ma ne condiziona "il modo di essere nel mondo".
Alessandro Impagnatiello pertanto ha strutturato la sua personalità tramite un funzionamento che non gli consente di tollerare la "perdita affettiva", la decisione di Giulia Tramontano di porre fine alla relazione, che lui ha vissuto come un disvalore personale, "una umiliazione".
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la "grave paranoia" o la "percezione patologica" che avevano riscontrato i consulenti della difesa di Impagnatiello, che al contrario ha dimostrato di aver sempre mantenuto integro l’esame di realtà, comprendendo bene il disvalore dei propri agiti, tanto da tentare in ogni modo e con azioni che aveva già premeditato (si pensi alle ricerche sul web effettuate anche prima dell’omicidio) a eliminare la prova di quelle sue azioni: il corpo di Giulia Tramontano.
Quello che per Impagnatiello risultava intollerabile era "lo smascheramento", il fatto che Giulia Tramontano avrebbe riferito a tutti ciò che aveva scoperto su di lui (il tradimento, le bugie, il test di paternità falso…) e ne avrebbe pertanto fatto emergere la vera essenza, ben lontana dall’immagine grandiosa, di successo e al limite della perfezione che l’uomo proponeva di sé.
Impagnatiello ha pertanto lucidamente scelto, piuttosto che affrontare l’umiliazione dello smascheramento, di uccidere Giulia Tramontano, per evitare che raccontasse la verità.
"I tratti narcisistici che si manifestano con la non tolleranza di fronte all’abbandono, e quelli psicopatici, che si rappresentano con il prevaricare l’altro e il manipolare gli eventi", si legge nelle conclusioni della perizia. Il tutto, l’avvelenamento, la premeditazione dell’omicidio, le fasi di occultamento del cadavere e dell’eliminazione delle tracce di prova, viene effettuato seguendo una sequenza logica e razionale, che nulla ha a che vedere con una condizione di incapacità o di capacità diminuita di intendere e di volere.
Impagnatiello era proiettato in un progetto di vita di cui lui solo era al centro e che nessuno poteva impedirgli di perseguire. Era perfettamente capace quando ha deciso di uccidere Giulia Tramontano e il loro bambino, che per lui erano diventati un ostacolo.
Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.