Anziché essere grati verso le forze dell'ordine, esprimere apprezzamento, trovare modi per tutelarli mentre essi tutelano noi, li processiamo sui giornali e nelle aule di tribunale
Caro Gaetano,
i nostri valorosi operatori della sicurezza, i quali, come tu bene sottolinei, rischiano la pelle quotidianamente allo scopo di garantire non soltanto l’ordine pubblico ma anche la tutela della vita di decine di milioni di abitanti della penisola, immigrati inclusi, vengono tacciati di essere razzisti da un organismo il cui valore e la cui autorevolezza - me ne rammarico - non posso riconoscere, in quanto esso dimostra, ancora una volta, di agire e di pronunciarsi sulla base di convinzioni puramente ideologiche, che non possono che inquinare e rendere poco aderente alla realtà, ossia non obiettivo, quanto formulato. Insomma, i nostri agenti, che fanno ormai straordinari in modo ordinario, quindi sono sovraccaricati di lavoro, operano in condizioni di stress elevato, vengono picchiati, insultati, cosa che accade ogni settimana durante le consuete manifestazioni pro-Hamas, tanto per fare un esempio, vengono derisi, ricevono sputi, ingiurie, vengono feriti, riportano lesioni, talvolta gravissime, e noi cosa facciamo? Anziché essere loro grati, esprimere apprezzamento, trovare modi per tutelarli mentre essi tutelano noi, li processiamo sui giornali e nelle aule di tribunale, quando compiono nient’altro che il loro dovere con i pochi strumenti a disposizione e con i limiti che conosciamo, e, come se non bastasse, ora li accusiamo di razzismo nei confronti di rom e neri.
Cosa dovrebbero fare questi uomini e queste donne? Immolarsi, inchinarsi, inginocchiarsi come Laura Boldrini nell’aula della Camera, baciare i piedi agli extracomunitari, farsi accoltellare dai sempre più numerosi clandestini che li minacciano armati, alzare le mani, accarezzare i rom quando vengono sorpresi a borseggiare, invitarli a pranzo o a bere qualcosa insieme, dare una pacca sulla schiena a ladri e stupratori? Ce lo spieghino questi dotti e bravi signori del Consiglio d’Europa. Anzi, vengano loro a lavorare qui, sulle nostre strade, indossino l’uniforme e ci facciano vedere come si comporta un bravo poliziotto non razzista. Vengano qui a mostrarci come possiamo essere meno forti con i criminali, come possiamo onorare gli assassini, come possiamo porgere il fianco scoperto ai manifestanti che ci tirano addosso di tutto allo scopo di ferirci e spedirci se non al cimitero almeno al pronto soccorso. Vengano qui a illuminarci, a civilizzarci, a insegnarci ad essere migliori.
Questi soloni, che lanciano accuse standosene comodi sulla poltrona, hanno capovolto i ruoli di vittime e di carnefici. Stando ai numeri, che sono gli unici elementi che contano quando si tratta di fotografare la realtà, le vere vittime sono uomini e donne in divisa e i loro vessatori e aggressori sono nella maggioranza dei casi proprio individui stranieri, in particolare irregolari. Ogni anno vengono registrate quasi tremila aggressioni nei confronti degli agenti che lavorano sulle strade e spesso sono proprio gli extracomunitari ad aggredirli. Il numero è parziale, non completo, eppure sufficiente per demolire ogni accusa a carico delle nostre forze di polizia. Si tenga conto altresì di un elemento indicativo: questi episodi tendono a crescere nella frequenza.
Qualche mese addietro è stato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a sollevare un problema ormai sotto gli occhi di tutti ma ignorato e sottovalutato. Egli ha affermato che è diffuso «un clima di crescente aggressività nei confronti delle forze dell’ordine». Questo clima peggiora di mese in mese ed è frutto di una campagna di odio e di diffamazione nei riguardi degli operatori della sicurezza, portata avanti anche dalla sinistra che, in occasione di manifestazioni particolarmente accese, si è sollevata in difesa dei facinorosi e contro gli agenti, per di più feriti, i quali hanno contenuto disordini e violenze. La pronuncia del Consiglio d’Europa deriva proprio da questa presa di posizione da parte dei progressisti contro i poliziotti, divenuti una sorta di bersaglio, una categoria da colpire, sulla quale gravano pregiudizi, sospetti, cattivi sentimenti. Sono loro i colpevoli, sempre e comunque.
Tale tendenza alla criminalizzazione della divisa è rimbalzata dagli Usa all’Europa ed è il sintomo si una erosione del valore della legalità, ossia del rispetto delle regole. Ad essere vittimizzato è il criminale, purché sia nero o zingaro. Il poliziotto incarna lo Stato, l’ordine, la legge, l’uomo bianco, tutto quello che la sinistra mondiale non è capace di tollerare e che avversa.