In Liguria è iniziato il conto alla rovescia. Sul calendario, segnate in rosso, le date di domenica 27 e lunedì 28 ottobre, quando gli elettori saranno chiamati ai seggi per esprimere la propria preferenza. Per il centrodestra c'è il sindaco di Genova Marco Bucci, mentre il litigioso "campo largo" (alla fine monco di Italia Viva) ha puntato tutto sul dem Andrea Orlando. E, dagli spalti, i sostenitori di entrambi i contendenti guardano al match con grande (e comprensibile) interesse.
I due schieramenti oggi hanno chiamato a raccolta tutti i big a Genova per la fine della campagna elettorale.
Il centrodestra si riunirà all'auditorium dei Magazzini del Cotone. A parlare saranno i vicepremier Salvini e Tajani, il leader di Noi Moderati Lupi e il sindaco di Terni Bandecchi. A chiudere il palco allestito per Bucci sarà la premier Meloni. Qualche chilometro più in là, al teatro Politeama, si chiuderà invece la campagna orlandiana con il leader del M5S Conte, Bonelli e Fratoianni per Avs, Elena Bonetti per Azione (Calenda è assente giustificato) e la segretaria dem Schlein. Pronti a rivendicare, visto il recente approdo alla Camera, la delusione per una Manovra ritenuta insufficiente, soprattutto sul capitolo sanità.
Elezioni in Liguria, una partita decisiva
Il centrodestra arriva con animo nuovo alla partita ligure. Quella che, dopo lo scandalo Toti, sembrava persa in partenza, oggi appare invece più aperta che mai. Lo sanno bene in Fratelli d'Italia, nonostante le dovute cautele di Meloni, che non si è sbilanciata e si è nascosta dietro un «sono scaramantica».
La premier è ben consapevole che un successo in un momento delicato come questo - tra la questione dei centri migranti in Albania e il nuovo caos al Collegio Romano - compatterebbe la coalizione di maggioranza con azzeccato tempismo, visto pure l'appena compiuto giro di boa dell'esecutivo e l'avvicinarsi, all'orizzonte, delle elezioni in Emilia Romagna e Umbria (dove si vota il 17 e 18 novembre). Evitare la sconfitta ora, nella prima partita ligure, significherebbe per il centrodestra già scampare a quel 3 a 0 tanto paventato nelle scorse settimane.
Anche perché il campo largo non gode di ottima salute. Prima il ritiro di Matteo Renzi, che non parteciperà alla corsa elettorale e che ha lasciato Azione sola al centro a sperimentare la convivenza forzata coi pentastellati. Poi le tensioni tra dem e 5 Stelle sulla Rai. E ancora il terremoto interno al M5S col divorzio, ormai ufficiale, tra il presidente Conte e il fondatore Grillo dopo l'annullamento del contratto di consulenza di quest'ultimo. Tutti motivi per cui, ragiona qualcuno, una sconfitta potrebbe rappresentare il "colpo di grazia" per un'alleanza progressista già poco compatta. Non conviene perdere ulteriori colpi.
E mentre il fantasma dell'astensionismo sembra pronto a sparigliare tutte le carte in tavola, specie col trasferimento di alcune sezioni elettorali causa maltempo, aumenta l'attesa per un risultato tanto incerto quanto importante. Prima tappa di un lungo cammino che nel 2025 vedrà andare al voto Campania, Veneto, Marche, Puglia e Valle d'Aosta. E si sa: chi ben comincia, è già a metà dell'opera.