Emanuele Tufano ucciso a 15 anni a Napoli, corpo abbandonato in strada: caccia al branco della Sanità

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È un lavoro di ricostruzione e di pazienza. Le indagini sulla morte di Emanuele Tufano - ucciso in un raid scatenato tra bande rivali nella notte tra mercoledì e giovedì - presentano le stesse difficoltà di un mosaico da comporre, tassello dopo tassello. Dal giorno dell’omicidio le luci degli uffici della squadra mobile della polizia non si sono mai spente: si lavora giorno e notte, e pur nello stretto riserbo investigativo pare che si stia imboccando una fase cruciale e decisiva.

In questo tragico puzzle è stata collocata anche una tessera che racconta bene la drammaticità dei momenti in cui - lungo via Carminiello al Mercato - due gruppi di giovanissimi scatenarono un inferno di fuoco, piombo e sangue.

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Gli ultimi momenti

Dalle ricostruzioni - supportate dalle testimonianze già acquisite dagli investigatori coordinati dal primo dirigente della polizia di stato, Giovanni Leuci - emerge un particolare doloroso e triste: quando il 15enne venne raggiunto dal proiettile alla schiena perse l’equilibrio cadendo dallo scooter sul quale viaggiava. Probabilmente non morì subito, ma si ritrovò solo: il resto della comitiva del Rione Sanità si dileguò senza nemmeno provare a prestagli soccorso.

Una omissione tuttavia in qualche modo comprensibile, considerato il terrore scatenato dalla sparatoria. Quando il gruppetto comprese di non poter fronteggiare l’assalto del gruppaccio della zona Mercato ognuno cercò di mettersi in salvo dandosi alla fuga.

I testimoni

Diradate le prime nebbie intorno a questa tragedia, agli investigatori è apparso subito chiaro il contesto nel quale è maturato questo orribile delitto. E dopo i primi, maldestri tentativi di sviare le indagini sostenendo che tutto sarebbe cominciato in un’altra zona a seguito di un tentativo di rapina, i due minorenni feriti e ricoverati al Cto - un 14enne e un 17enne - avrebbero collaborato fornendo elementi utili alle indagini.

Ma le attività della Mobile non si sono fermate qui. Sotto il coordinamento dei magistrati della Procura dei minori, i poliziotti hanno convocato e ascoltato molti altri testimoni - forse più di una decina - acquisendo altre informazioni che ora si cerca di incrociare con l’impianto portante dell’indagine.

Ci sono stati anche due giovanissimi interrogati come persone informate sui fatti. Ascoltati a lungo, nei loro confronti non è stato emesso alcun provvedimento, ma è più che chiaro che i due facessero parte del commando armato che ha assassinato Emanuele. La Polizia di Stato sarebbe giunta alla loro identificazione anche attraverso l’analisi delle immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza presenti nella zona in cui è avvenuto il delitto.

A proposito di videosorveglianza: dopo questo ennesimo gravissimo fatto di sangue dal comitato per l’ordine pubblico riunito dal prefetto Michele di Bari è emerso che a Napoli è destinato un finanziamento del ministero degli Interni da tre milioni di euro per l’acquisto di 350 nuove telecamere di videosorveglianza, che si aggiungeranno alle mille già in funzione. Lo ha annunciato il sindaco Gaetano Manfredi, lo ha confermato il prefetto Michele Di Bari.

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